Cinghiali, danni record nel Sannio:
scatta l'allarme per mais e uva

Cinghiali, danni record nel Sannio: scatta l'allarme per mais e uva
di Antonio Mastella
Lunedì 18 Luglio 2022, 08:57
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I cinghiali costituiscono sempre più un problema. Non risparmiano alcun angolo del territorio sannita, purché offra qualcosa di cui cibarsi. Diventano così sempre più devastanti le loro scorribande e cresce, pertanto, in maniera speculare, l'entità dei danni che provocano alle colture. Tocca, in questo periodo, ai campi dove si coltivano cereali, leguminose e foraggere. «E si spingono sempre più a valle, senza remore, anche perché vanno alla ricerca di fonti cui abbeverarsi, tenuto conto della crescente scarsezza d'acqua in collina e tra i boschi», spiega Giuseppe Porcaro, agronomo, funzionario in forza a Benevento nell'ufficio regionale dell'assessorato all'Agricoltura.

Qualche numero rende più che chiara l'entità dei colpi che arrecano al settore primario dell'economia. Dal primo gennaio al 31 maggio dell'anno in corso, sono state avanzate 65 richieste di risarcimento per un valore vicino ai 100mila euro. «In poco più di 40 giorni, dal primo giugno a oggi puntualizza Porcaro abbiamo ricevuto ben 50 denunce del genere per una domanda complessiva di ristoro molto prossima ai 125mila».

Siamo appena a metà anno, dunque, e già gli ungulati hanno provocato disastri pari a 225mila euro. Di questo passo, è sin troppo facile prevedere che il conto finale sarà molto più salato rispetto a quello che la Regione ha dovuto saldare lo scorso anno, che è stato pari a 380mila euro. «È più che probabile conferma il funzionario che si superi l'importo del 2021, dal momento che si avvicina il periodo della raccolta del mais; a settembre-ottobre quella dell'uva, delle nocciole e delle castagne».


Quanto sia lievitata a dismisura la dimensione della calamità lo si evince, se fosse ancora necessario, dai risarcimenti crescenti negli anni ottenuti dagli imprenditori agricoli. Nel 2015 «appena» 80mila euro; nel 2019 si arrivò a 200mila netti. Le cifre ingranditesi si spiegano con l'incremento esponenziale degli esemplari in circolazione. Si calcola che ve ne siano 12mila a scorrazzare in lungo e in largo per il Sannio. «La stima si affretta a puntualizzare - è più che prudente. Un conteggio preciso è impossibile». Anche in questo caso, qualche numero aiuta a capire. Nel 2015 furono abbattuti 483 capi; al 31 dicembre dello scorso anno ne furono eliminati 2.277. Vale puntualizzare che questi risultati si sono ottenuti in soli tre mesi, da ottobre a dicembre, durante il periodo consentito per la caccia a opera di trenta gruppi di cacciatori. Oggi sono in azione anche quelli cosiddetti di «selezione» autorizzati alla battuta durante tutto l'anno. Dall'inizio dell'anno sono finiti sotto i loro colpi 105 capi. Sono le aree del Fortore e del Tammaro quelle più invase. San Bartolomeo, Montefalcone, San Giorgio La Molara, Castelfranco, Morcone, Circello, Campolattaro, Pontelandolfo i comuni più colpiti; non significa, però, che siano assenti altrove. L'ufficio territoriale è in trincea insieme con l'Ambito territoriale di caccia.

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Tra le misure più significative, appunto, la formazione dei cacciatori di selezione. «Si è appena concluso ricorda Vincenzo Boscaino, funzionario dell'Atc - l'ultimo corso a Molinara per i cacciatori di selezione. Entrano in azione su segnalazione di sindaci, carabinieri forestali ma anche semplici cittadini». Sono addestrati, oltre che a sparare nel giusto modo, anche a effettuare prelievi dell'animale ucciso allo scopo di verificare se siano portatori di malattie, a cominciare dalla peste suina. Sono 180 così formati, che, aggiunti a quelli che compongono le squadre autorizzate per la caccia tra ottobre e dicembre, arrivano a circa 500 «doppiette». Un piccolo esercito, che si avvale anche del supporto di apparecchiature come le fototrappole.

«Ma, francamente, non basta. Abbiamo bisogno sottolinea in merito di altre misure, ad esempio, come la sterilizzazione per portare ad una dimensione fisiologica la loro presenza». Sempre nell'ambito degli strumenti di difesa, sta prendendo piede l'impiego di recinzioni attraversate da corrente elettrica. «Sono già una quindicina le aziende dedite alla coltura della vite, dei noccioli e del mais afferma che si sono attrezzate in questo modo. Da quanto ne sappiamo, si stanno rivelando barriere efficaci».
 

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