Coronavirus, atteso il piano regionale
della Campania, ospedale pronto

Coronavirus, atteso il piano regionale della Campania, ospedale pronto
di Luella De Ciampis
Domenica 2 Febbraio 2020, 08:52 - Ultimo agg. 11:24
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«Nella nostra provincia non ci sono casi di Coronavirus, ma siamo pronti per affrontare qualsiasi emergenza». Così Angelo Salomone Megna, direttore dell'unità complessa di Malattie infettive del «Rummo». «Entro martedì dice la Regione avrà approntato il piano emergenziale per fronteggiare un'eventuale criticità, che coinvolgerà tutte le aziende ospedaliere del territorio ma al momento non ci sono segnali concreti d'allarme. In una prima fase, con molta probabilità la Regione predisporrà l'accentramento dei casi presso il Cotugno, per poi affidarli ai reparti di Infettivologia degli ospedali del territorio non appena saranno pronti per governare le emergenze. La nostra unità è già pronta a farlo perché siamo abituati sia a gestire isolamenti respiratori, sia ad affrontare le patologie da trattare con isolamento da contatto. Inoltre, siamo in rete in tempo reale con la Regione per le malattie infettive e abbiamo già a disposizione i kit per la diagnosi del Coronavirus». E le terapie? «Fermo restando - continua Megna - che non esiste alcuna cura per il trattamento della malattia, che non è sensibile agli antibiotici e per cui non esistono antivirali specifici, sembrerebbero avere una discreta efficacia alcuni antivirali usati per il trattamento dell'Hiv, somministrati in cocktail. Ovviamente, in questi casi l'unica soluzione radicale è rappresentata dal vaccino, che al momento non esiste. Certo, una massiccia vaccinazione antinfluenzale, sarebbe già sufficiente a sgomberare il campo da equivoci e da inutili allarmismi perché i sintomi dell'influenza e del Coronavirus sono pressoché simili. La quarantena predisposta è molto drastica e questo fattore, benché l'allarme sia stato dato con notevole ritardo, dovrebbe impedire il diffondersi della malattia in Europa e in Italia. Comunque, in caso di una maggiore propagazione del virus, bisogna tener presente che c'è sempre una relazione tra lo stato di salute della persona che contrae la malattia e la risposta immunitaria individuale. Non a caso, le morti che si stanno registrando in Cina si riferiscono a persone che presentano già un quadro clinico compromesso».

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IL MANAGER
Il digì dell'azienda ospedaliera Mario Ferrante sottolinea che come ospedale «dobbiamo dare risposte immediate per affrontare questa emergenza e quindi abbiamo creato un'unità di crisi, costituita da diverse figure professionali, quali infettivologi, pneumologi, medici del pronto soccorso, di medicina generale e di pediatria, che avranno il compito di valutare i casi sospetti, anche se il rischio per l'Europa e l'Italia non è elevato. Le aree metropolitane, dove c'è più turismo, sono sicuramente più a rischio delle piccole realtà come le nostre. I cinesi che vivono nelle nostre zone non sono moltissimi e sono naturalizzati. Questo però non deve autorizzarci ad abbassare la guardia e a farci trovare impreparati. In questi giorni c'è un aumento del 25% degli accessi in pronto soccorso, ma è legato alla sindrome influenzale». «Nelle situazioni di emergenza conclude Megna la presenza delle unità infettivologiche sul territorio è di massima importanza perché sono in grado di fornire risposte immediate in tempi brevi che in alcuni casi rappresentano una soluzione salvavita. Nel 2011 era stato avviato un piano di ridimensionamento delle unità infettivologiche, fortunatamente naufragato, in quanto dissipare le competenze in questo campo avrebbe avuto conseguenze drammatiche».

L'AZIENDA SANITARIA
L'allerta è altissima anche presso il dipartimento di Prevenzione dell'Asl, che peraltro risponde a circa 40 interrogativi giornalieri formulati dai cittadini per telefono, e accerta che siano messe in atto strategie in grado di verificare le condizioni reali del paziente.
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