Delitto Matarazzo, chiesti due ergastoli:
imputati incastrati dal gps sull'auto

Delitto Matarazzo, chiesti due ergastoli: imputati incastrati dal gps sull'auto
di Enrico Marra
Martedì 23 Febbraio 2021, 09:00
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«Chiederò per i due imputati il massimo della pena», così all'inizio della sua requisitoria il pubblico ministero Francesco Sansobrino ha preannunciato la richiesta di due ergastoli per Giuseppe Massaro, 57 anni, di Sant'Agata de' Goti, e Generoso Nasta, 32 anni, di San Felice a Cancello. I due sono accusati dell'omicidio di Giuseppe Matarazzo, il pastore 45enne di Frasso Telesino ucciso a colpi di pistola la sera del 19 luglio del 2018 dinanzi alla sua abitazione, alla periferia del paese. Pochi giorni prima aveva finito di scontare una condanna per abusi sessuali, accusa sempre respinta dall'uomo, nei confronti di una quindicenne che si era, poi, tolta la vita. Massaro, secondo l'accusa, avrebbe prestato ai due killer l'auto e la pistola per uccidere il pastore. Nasta, invece, avrebbe condotto l'auto.

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La richiesta esplicita di due ergastoli è arrivata alla conclusione di una requisitoria durata oltre tre ore e mezzo. L'accusa non ha dubbi rispetto alla partecipazione di Massaro e Nasta al delitto. Le indagini avevano preso il via dall'auta, una Fiat Croma, di Massaro che aveva a bordo un Gps, rilevatore installato dall'assicurazione.

La sera del delitto, tra l'altro, l'auto risultava in sosta proprio sul luogo del delitto. Dopo l'omicidio, l'auto aveva ripercorso un itinerario analogo a quello che aveva fatto nei giorni precedenti, ricostruito sempre attraverso il Gps. Gli inquirenti, quindi, avevano incentrato la loro attenzione sul proprietario di quell'auto, Massaro appunto. Dalle verifiche era trapelato che la figlia aveva depositato in banca, tra il 25 luglio e il 24 settembre, la somma di 13mila euro. Poi era stata sequestrata la pistola che custodiva nella sua abitazione. Per l'accusa, il denaro depositato in banca è il prezzo che i mandanti dell'omicidio, rimasti finora non identificati così come la persona che ha premuto il grilletto, avevano versato per l'omicidio.

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A carico di Nasta c'è il riconoscimento da parte di una donna che - la sera del delitto - incrociò la Croma in fuga che, dopo una sbandata, stava finendo contro il cancello della sua abitazione. In quella occasione la donna riconobbe il conducente attraverso un riscontro fotografico fatto presso i carabinieri. Il pubblico ministero ha poi sostenuto che Massaro non si fosse liberato della pistola, ritenuta l'arma del delitto, per la considerazione che si ritenesse fuori da ogni possibile indagine. Elementi univoci, dunque, a parere dell'accusa contro i due imputati. Da qui le due richieste di ergastoli.

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I difensori dell'imputato, Angelo Leone e Mario Palmieri, hanno ancora una volta sostenuto l'inutilizzabilità del cosiddetto «trojan», l'apparecchiatura che - inserita in un telefonino - lo trasforma in un registratore. Nel merito la Corte di Assise, presidente Daniela Fallarino, le ha definite inutilizzabili. Restano, però, le intercettazioni eseguite con le apparecchiature tradizionali. Nell'udienza di ieri, dopo la requisitoria del pm, per i genitori e una sorella di Matarazzo, costituitisi parte civile, hanno preso la parola anche gli avvocati Antonio Leone e Tullio Tartaglia che hanno concordato con le conclusioni dell'accusa, chiedendo una provvisionale di 100mila euro da corrispondere a ciascuna delle tre parti civili. Per ascoltare i difensori dei due imputati sono previste due udienze il 22 marzo e il 28 aprile, in cui parleranno gli avvocati Angelo Leone, Mario Palmieri, Orlando Sgambati e Angelo Raucci, poi seguirà la sentenza.
 

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