Hortus di Paladino, a Benevento
c'è la scalata dei vandali

Hortus di Paladino, a Benevento c'è la scalata dei vandali
di Nico De Vincentiis
Mercoledì 24 Aprile 2019, 11:03
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Lo scudo resiste. È duro e tenace, come quei Sanniti che lo imbracciavano. Popolo guerriero, pronto a difendere confini, conquistare posizioni, stringersi a corte. Non è un caso che Mimmo Paladino fa irrompere quello scudo, come un'astronave, in un presente sempre nuovo, quasi a risistemare le ragioni del mito, della storia, di un passato da tenere a vista e innestarlo nel futuro. Ma quel ragazzino che, nel giorno di Pasquetta, lo percuote con dei bastoni, poi lo scala per conquistarne la cima e immortalare l'impresa con il telefonino imbracciato dai genitori, è il segno che non basta da solo uno scudo per difendere e salvaguardare l'Hortus Conclusus e lo straordinario patrimonio artistico, culturale e simbolico che esso contiene. Plasticamente la scalata allo scudo fissa lo spartiacque tra la difficile difesa del sito culturale dal fuoco nemico (spesso anche da quello amico) con i soli strumenti un po' fai da te e un sistema di tutela degno dei tempi. D'altronde, come nelle guerre, nella società, finanche nello sport, difendersi senza organizzare una reazione non salva dalle sconfitte.

L'EPISODIO
Lo «scalatore» in azione è stato intercettato da un funzionario del settore Opere Pubbliche del Comune, l'architetto Pasquale Palmieri, in visita con alcuni amici in gita, che ha tentato di spiegare ai genitori perché quel gesto non valesse l'«onore delle armi» («Ho detto loro che la performance esibita metteva a rischio la stabilità dell'opera, l'incolumità del ragazzo, oltre a interrompere fragorosamente il silenzio del luogo. Ma soprattutto che si trattava di una visione sgradevole per i tanti visitatori»). Messaggio non ricevuto. La foto del gesto finisce su Facebook, diventa virale.

La Pasquetta comporta da sempre degli effetti collaterali. Ma questo, in particolare, è emblematico di quanto sia lontana la quadratura del cerchio di un sistema turistico preordinato all'accoglienza dei fruitori dei beni culturali. Che non andrebbero in giro come in un qualsiasi giardino pubblico, scambiando magari il prodotto artistico con un'altalena o delle panchine su cui lasciare i segni del passaggio.

La vigilanza? Un solo dipendente di turno. Poco prima aveva bloccato altri ragazzi che stavano divertendosi a sradicare rami e fogliame dagli alberi. Si era ritrovato di fronte il fuoco di sbarramento dei genitori e qualche, neanche troppo velata, minaccia. «Capita tante volte - spiega Roberto Garofalo -, siamo costretti ad affrontare spesso gruppi organizzati di ragazzi che arrivano con l'intenzione precisa di vandalizzare l'Hortus. La nostra opposizione è respinta da frasi oltraggiose e gesti che prefigurano a volte anche la reazione fisica nei nostri confronti». Sul caso specifico del giorno di Pasquetta il custode in servizio ha presentato una relazione al dirigente del settore Cultura, Enzo Catalano. Si ribadisce l'urgenza di concedere agli addetti il riconoscimento di pubblici ufficiali per avere la possibilità di contestare formalmente le infrazioni.

LO SCENARIO
Ma il caso-Hortus, che solo ciclicamente viene sollevato da episodi deprecabili, in realtà è permanente perché simbolo di una sottovalutazione quasi programmatica (la sua piena valorizzazione non ha mai scalato l'agenda delle politiche amministrative) e di una atavica indolenza civile. Oltre due anni fa la parola d'ordine, dopo la decapitazione di una delle statue di Paladino, fu: «Subito il regolamento!». Complice la vertenza tra Comune e l'artista circa l'accettazione della donazione delle sue opere, tutto resta ancora in un vago cosmico che viene purtroppo colto dalle frange di turisti «non scalatori» che affrontano l'Hortus non come un digestivo per smaltire i grassi della mensa di Pasquetta.
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