Ciro e Parco Matese,
le sfide per lo sviluppo del Sannio

Ciro e Parco Matese, le sfide per lo sviluppo del Sannio
di Nico de Vincentiis
Martedì 12 Febbraio 2019, 08:45 - Ultimo agg. 09:38
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Una cristalleria, ecco cosa rischia di diventare buona parte del Paese con i tanti vincoli a tutela del paesaggio e dei beni culturali. Oggi si deve parlare di nuovo pragmatismo, che farebbe la differenza, in un settore così vitale, nella corsa allo sviluppo economico e che consentirebbe di trasformare i limiti in opportunità. Specie se la materia da trattare è formata da migliaia di tesori, spesso nascosti, da salvaguardare e da rendere produttivi. Il concetto non è espresso dalla Società gioiellieri italiani ma dal ministro all'ambiente Sergio Costa. Che precisa: «Siamo di fronte a un nuovo modello di ambientalismo, distante da quello del secolo scorso, in cui lo sviluppo non contrasta con la tutela ambientale, e un parco nazionale può essere considerato una possibilità non una maledizione per i territori coinvolti».
 
Il governo, annuncia Costa parlando nella sede beneventana della Soprintendenza all'avvio ufficiale delle attività dell'ente geopaleontologico di Pietraroja, sta già lavorando per inserire nella finanziaria 2019-2020 misure a favore dei territori da salvaguardare e da promuovere. «Non devono essere penalizzati da particolari regimi vincolistici - dice - ma garantiti nella loro legittima aspettativa di sviluppo. Il Sannio giocherà la sua partita anche con l'aiuto del governo e con l'attivazione di una fiscalità di vantaggio che incoraggerà i piccoli centri a crescere grazie alle loro risorse ambientali e culturali».

Ma riavvolgiamo il nastro della storia. La macchina del tempo ci porta a 113 milioni di anni fa quando il Sannio era una grande laguna con clima tropicale. Appunto il clima. Ciro è un emblematico termine di paragone specifico perché descrive un ciclo climatico conclusosi in una certa era preistorica. Oggi invece a decretare l'evoluzione del pianeta non è più la natura ma soprattutto l'azione dell'uomo. Di fatto allora il Sannio, con Ciro, diventa un possibile laboratorio educativo permanente nell'ambito del dibattito sul contrasto ai cambiamenti climatici. Ma non carichiamo di troppa responsabilità questo piccolo Velociraptor. Fermiamoci alla sua missione scientifica e di attrattore turistico. «Rispetto a questo - sottolinea Costa -, essere ministri della Repubblica vuole dire attivarsi perché questo fossile contribuisca a valorizzare un vasto territorio della Campania che per buona parte rientra nel parco nazionale del Matese, i cui comuni di riferimento ritengo saranno certamente avvantaggiati e non penalizzati dall'esserne parte integrante e propulsiva».

L'asse è definito. Riguarda l'ente geopaleontologico di Pietraroja e appunto il parco del Matese. Il primo, che ha promosso il «Ciro-day», lavorerà a fare in modo che la culla del piccolo Scipionyx Samniticus diventi centro permanente di ricerca, oltre che attrattore turistico di eccellenza. «Lavoriamo ufficialmente - dice il presidente dell'ente, Gennaro Santamaria - per sviluppare il geo-sito di Pietraroja che è già di fatto un riferimento mondiale della paleontologia, che ospiterà a maggio il congresso della Società paleontologica italiana, e che gli esperti considerano una fucina di scoperte ancora per secoli (non si esclude la presenza dei fratelli di Ciro e di altri fossili). L'ente nasce dalla collaborazione dei ministeri dell'ambiente e dei beni culturali, delle università del Sannio e Federico II di Napoli, delle istituzioni territoriali. Gode della collaborazione scientifica, tra gli altri, del professore Cristiano Dal Sasso che ha studiato da subito Ciro considerandolo una svolta nella ricerca paleontologica e lanciandolo a livello mondiale. Ora siamo chiamati a tutelare e promuovere questa importante scoperta». Eccone l'autore, Giovanni Todesco. L'ex calzolaio veneto siede tra gli ospiti del convegno nel complesso San Felice dove ora il cucciolo è esposto al pubblico. Il ministro Costa gli chiede di alzarsi per ringraziarlo ufficialmente da parte del governo. «Sono queste persone - dice -, con la loro passione e la loro micro-pazienza (ricorda quanto tempo abbia speso, insieme alla moglie, per ripulire il reperto), a riconciliarci con la nostra stessa storia e le nostre identità».

Messaggio ricevuto. Il soprintendente Salvatore Buonomono, dopo avere invitato ad avere oculatezza e non trasformare il bacino fossilifero di Pietraroja in una gigantesca cava, afferma: «La storia crea futuro solo se la si conosce. Dunque chiederei a tutte le istituzioni in campo, e all'ente geopaleontologico in particolare, di favorire e incrementare l'azione culturale oltre che di ricerca scientifica». Il rettore dell'ateneo sannita Filippo de Rossi precisa ulteriormente: «Dobbiamo attrezzarci e partecipare ai bandi di ricerca internazionali da cui dipende l'esito di tanti progetti». L'ente geopaleontologico di Pietraroja intanto si pone come laboratorio di collaborazione tra istituzioni diverse mentre richiama tutti a «confezionare» un prodotto da esportare. Lo scenario è quello legato ai beni ambientali, paesaggistici e culturali come attrattori turistici. Si cercano punti fermi in un mare di incertezze. Una? Il ruolo, le competenze e le risorse per le Province. Il presidente di quella sannita Antonio Di Maria è esplicito nella richiesta al governo, tramite il ministro Costa a cui chiede: «Magari più che stanziamenti economici sarebbe utile avere innanzitutto delle regole».
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