Lancia il figlio nel fossato e lo uccide,
scarcerata: «Non può stare in cella»

Lancia il figlio nel fossato e lo uccide, scarcerata: «Non può stare in cella»
di Enrico Marra
Domenica 1 Novembre 2020, 12:30
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Sulla detenzione di Loredana Morelli, la 35enne che il 16 settembre dello scorso anno gettò il figlio di 4 mesi in una scarpata della Telesina e che è in attesa di essere giudicata il prossimo 12 novembre dalla Corte di Assise, è intervenuta la Corte di Cassazione, che ha accolto un ricorso presentato dall'avvocato Andrea De Longis contro la decisione del gip Vincenzo Landolfi e del Tribunale del Riesame di Napoli che avevano ritenuto che le condizioni mentali della donna, sordomuta, sono compatibili con la detenzione in carcere. Attualmente la donna originaria di Campolattaro ma residente a Quadrelle, centro in provincia di Avellino - si trova nel carcere di contrada Capodimonte. È accusata di omicidio volontario perché responsabile di aver ucciso il figlio. Dopo la decisione della Cassazione sulla detenzione della donna dovrà di nuovo pronunziarsi un'altra sessione del Riesame di Napoli.

La donna il 10 settembre, davanti al Gup Maria Di Carlo, per la prima volta aveva ricostruito le drammatiche fasi del delitto, presenti i difensori Matteo De Longis e Michele Maselli.

Attraverso una interprete del linguaggio dei segni aveva affermato: «Volevo farla finita insieme al mio figlioletto, per questo mi sono gettata con lui in quella scarpata, convinta che saremmo finiti in un fiume sottostante». Ma il fiume, in quella zona, nel territorio di Solopaca, non c'era. La donna inoltre aveva fatto riferimento alle tensioni familiari, in particolar modo con il marito, anche lui sordomuto. Convinta che volessero toglierle il figlio voleva tornare dai familiari a Campolattaro. E così si era messa alla guida della sua auto. Poi, dopo aver imboccato l'Appia, ritenendo che i carabinieri la potessero bloccare, aveva optato per la Telesina. Qui era finita con l'auto contro un guardrail. A quel aveva dato attuazione alla volontà di togliersi la vita gettandosi con il figlio nella scarpata, ma era rimasta solo ferita mentre il bambino morì anche perché colpito al capo con un pezzo di legno. Subito scattate le indagini dei carabinieri, poi la perizia affidata a Pierluigi Vergineo. Le conclusioni avevano sancito che la donna era compatibile sia con la detenzione e quindi con la capacità di stare in giudizio, con udienza fissata per il 12 novembre davanti al collegio presieduto da Daniela Fallarino e giudice a latere Francesca Telaro, con pmo Maria Gabriella Di Lauro. Le parti civili assistite dall'avvocato Antonio Zobel.

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