Lancia il figlio nel fosso e lo uccide,
il bimbo colpito alla testa con i rami

Lancia il figlio nel fosso e lo uccide, il bimbo colpito alla testa con i rami
di Enrico Marra
Mercoledì 18 Settembre 2019, 11:14 - Ultimo agg. 15:03
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Un ramo di faggio di circa trenta centimetri è stato adoperato per colpire al capo Lorenzo, il neonato di quattro mesi trovato morto in una scarpata al lato della carreggiata della Telesina, nel territorio di Solopaca. Secondo l'accusa a colpire il neonato è stata la madre Loredana Morelli, 34 anni, originaria di Campolattaro, sordomuta, e che dalla tarda mattinata di lunedì è detenuta nel carcere di contrada Capodimonte con l'accusa di omicidio volontario.
 
Ora quel ramo con tracce di sangue è stato repertato dai carabinieri della stazione di Solopaca, i primi a giungere sul posto appena scattato l'allarme da parte di automobilisti in transito, che in un primo momento avevano ipotizzato che la donna accanto a all'auto, un'Opel Corsa finita contro il guardrail, fosse rimasta vittima di un incidente stradale. La realtà era ben diversa: la donna dopo aver simulato un incidente, aveva gettato il figlioletto nella scarpata e poi lo aveva colpito con il ramo trovato sul posto.

Ma cosa ha fatto scatenare il raptus di follia? Per dare una risposta a questo quesito stano indagando i carabinieri, coordinati dalla Procura della Repubblica. Gli atti raccolti finora dopo essere stati vagliati in un primo momento dal sostituto procuratore Vincenzo Toscano, che era il magistrato di turno, sono passati al vaglio del sostituto procuratore Maria Gabriella Di Lauro.

Ieri mattina il Gip Maria Ilaria Romano ha fissato l'interrogatorio per questa mattina, presente il suo difensore Michele Maselli. La donna al momento dell'interrogatorio la mattina di lunedì, a poche ore dal dramma, appena dimessa dall'ospedale «Rummo» e trasferita presso il Comando provinciale dei carabinieri, pur in presenza del suo legale e di un esperto della lingua dei segni, aveva preferito avvalersi della facoltà di non rispondere.

In assenza di sue affermazioni gli inquirenti hanno cercato di ricostruire l'accaduto attraverso una serie di testimonianze. Sono tre i testimoni che hanno fatto dichiarazioni su ciò che hanno visto sulla Telesina, dove sono transitati in quegli attimi in cui la donna è scesa dall'auto Opel e si è precipitata nella scarpata dove era stato lanciato il bambino. I carabinieri hanno ascoltato anche il compagno Antonello Fasulo, 32 anni, che ha ricostruito la lite avuta con la compagna nel tardo pomeriggio di domenica e poi la decisione della donna di allontanarsi con il figlioletto dall'abitazione di via Cardinale di Quadrelle, nell'Avellinese. Secondo alcune testimonianze i rapporti tra la coppia da tempo erano tesi. Anche nell'ultimo anno, pur in presenza del figlio, vi sarebbero stati degli alterchi seguiti poi da una paio di denunce della donna ai carabinieri. Denunce poi ritirate. In particolare i genitori della donna che risiedono a Campolattaro avrebbero sostenuto che la figlia da quando abitava a Quadrelle aveva con loro scarsi rapporti.

Ma il nodo da sciogliere resta quello delle condizioni mentali della donna. Un primo test è rappresentato dai referti redatti dalla struttura ospedaliera del «Rummo» subito dopo l'infanticidio. Nessun dubbio sulle cause della morte del bambino. Sin dall'esame esterno del corpicino il medico legale Emilio D'Oro incaricato dalla Procura ha ritenuto che il decesso era scaturito per i colpi avuti al capo. Chiaramente occorre una conferma che potrà aversi solo dall'autopsia prevista per oggi pomeriggio presso la sala mortuaria dell'ospedale «Rummo» dove il corpo del neonato è stato trasportato. All'autopsia per la donna assisterà il perito Vincenzo Vecchione medico legale di Campobasso.
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