Pedopornografia, attesa per la sentenza d'appello per don De Blasio

L'ex direttore della Caritas già condannato in primo grado

Pedopornografia, attesa per la sentenza d'appello per don De Blasio
Mercoledì 9 Novembre 2022, 09:44 - Ultimo agg. 21:50
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Udienza in Corte di Appello, ieri a Napoli, per don Nicola De Blasio, 56 anni, beneventano, già parroco della parrocchia di San Modesto e direttore della Caritas diocesana che era stato condannato in primo grado dal gup del Tribunale di Napoli, Emilia Di Palma a tre anni e sei mesi con il beneficio dei domiciliari, per detenzione e condivisione di materiale pedopornografico. Oggi sarà ufficializzato il verdetto.

Nell'udienza svoltasi nella quarta sezione, collegio B, i difensori di don Nicola (Massimiliano Cornacchione e Vincenzo Sguera) hanno ribadito che si tratta di una persona incensurata e che, nell'espletare il suo ruolo di sacerdote, aveva svolto per anni un'intensa attività a favore dei bisognosi. Hanno anche riferito che il sacerdote nella struttura di Faicchio, dove sconta i domiciliari, segue un percorso psicologico. Al sacerdote - che ieri non era presente in aula al processo - è stata avanzata una duplice contestazione. Nella prima è accusato di detenzione di materiale pedopornografico (950 file immagine e 95 filmati video), raffiguranti minori. La seconda è relativa alla condivisione, sulla piattaforma Telegram, di almeno 6 video, sempre con immagini di minori che compivano atti sessuali.

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Il via alla vicenda processuale c'era stata quando, su delega della Procura di Torino, una indagine sulla pedofilia con indagati in varie località italiane aveva fattp tappa anche a Benevento. Quindi, la polizia postale aveva effettuato una perquisizione nella casa del sacerdote in località Santa Clementina che aveva portato al ritrovamento di file e video pedopornografici nel suo pc. Era, quindi, scattato l'arresto del sacerdote con la decisione del sostituto procuratore Marilia Capitanio, di inviarlo agli arresti domiciliari. Decisione, poi, confermata anche dal gip Gelsomina Palmieri, dopo l'interrogatorio reso dal sacerdote. Don De Blasio aveva sostenuto di aver scaricato foto e video tra il 2015 e il 2016 perché intendeva condurre un'indagine sul fenomeno della pedopornografia nell'ambito ecclesiastico.


Un'attività che era stata interrotta, aveva sottolineato, quando si era reso conto che l'attività posta in essere fosse illegale e, per questo, da allora quelle immagini non erano più state visualizzate o scambiate. Gli atti, tenuto conto del tipo di reati contestati, erano stati trasmessi per competenza dal tribunale di Benevento a quello di Napoli. E proprio dal tribunale napoletano era partita la decisione di tramutare la misura cautelare in arresto in carcere. Non sono mancate anche perizie sul computer sequestrato.
Nei confronti del sacerdote è, poi, tuttora in corso un'ulteriore indagine della Procura di Benevento e della Guardia di finanza sul denaro che aveva in casa al momento della perquisizione. I magistrati del tribunale del Riesame di Benevento hanno restituito al sacerdote la somma di 170mila euro, trovata dagli agenti della polizia postale. Anche per questo denaro il sacerdote aveva fornito delle spiegazioni, sottolineando che si trattasse del provento di offerte dei fedeli per eseguire lavori di ristrutturazione della chiesa di San Modesto per un ammontare di ottantamila euro. La restante parte era frutto di un'eredità avuta al momento della morte dei suoi genitori.
 

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