Petrolio nel Sannio, 200 milioni di barili ma il giacimento è ancora in attesa di un sì o un no

Petrolio nel Sannio, 200 milioni di barili ma il giacimento è ancora in attesa di un sì o un no
di Gigi Di Fiore
Martedì 12 Aprile 2022, 07:41 - Ultimo agg. 18:10
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Tutto è fermo da poco più di tre anni. E il sindaco di Benevento, Clemente Mastella, ha riacceso i riflettori sulle ricerche petrolifere nel Sannio, su cui nel 2014 ci fu un'autorizzazione della Regione Campania, allora presieduta da Stefano Caldoro. Dice Mastella: «Ci siamo resi conto della dipendenza energetica dal gas russo e cerchiamo alternative. Con realismo, dovremmo dire basta agli eterni no e riprendere quei progetti di ricerca per trovare fonti energetiche in aree italiane come nel Fortore».

Sono due i progetti di ricerca, su cui c'è il permesso regionale da otto anni: il Case Capozzi e il Pietra Spaccata. Due progetti della società inglese Delta Energy Limited, che spiega: «Dal 2016 abbiamo lavorato a rivalutare un vecchio giacimento di petrolio del Sannio, che 40 anni fa ha prodotto oltre un milione di barili di buona qualità attraverso un unico pozzo verticale, chiamato Benevento-3. Il potenziale di riserve nell'area la rende terza nell'Italia meridionale dopo i giacimenti di Tempa Rossa e Val d'Agri in Basilicata». La prima concessione dello sfruttamento petrolifero è scaduta nel 2007. Secondo la società inglese, nel solo giacimento di Benevento, l'unico che fu attivato fino al 1993, esisterebbero riserve per 100 milioni di barili.

L'istanza di permesso di ricerca su Case Capozzi risale a dieci anni fa. L'area interessata è di 423,7 chilometri quadrati tra le province di Benevento e Avellino in una zona collinare appenninica. Le prime perforazioni vi furono eseguite negli anni '70 del secolo scorso. Interamente nel Sannio è invece il progetto di Pietra Spaccata, che risale a undici anni fa. In questo caso, si tratta di 333,3 chilometri quadrati, sempre in zona collinare appenninica. Anche qui le prime perforazioni risalgono agli anni '70 del secolo scorso. Dopo il sì della Regione Campania nel 2014, le proteste del comitato Sannio No-trip e le opposizioni del movimento 5 Stelle hanno bloccato i due progetti, con l'aggiunta del parere negativo nel 2013 della Provincia di Benevento e di 28 Comuni. Tutto si è imballato nei mesi immediatamente pre-Covid e con la pandemia. Al momento dello stop, era in sospeso la convocazione di un confronto tra i Comuni delle aree interessate e la società inglese.

Secondo gli studi della Delta Energy Limited, in venti anni il Sannio potrebbe produrre 15 milioni di barili di petrolio all'anno. La fase iniziale dovrebbe prevedere delle ricerche digitali.

Saltati già i primi obiettivi del progetto, che prevedeva pozzi esplorativi da avviare entro il 2021. Quattro anni fa, in una lettera indirizzata al presidente della Regione, Vincenzo De Luca, e all'assessore regionale all'Ambiente, Fulvio Bonavitacola, l'amministratore delegato della società inglese, Steven Edgley, scriveva: «Concluse tutte le procedure ambientali e amministrative, il ministero dello Sviluppo economico attende una risposta dalla Regione Campania su questo progetto, per l'assegnazione finale dei permessi di ricerca e l'inizio delle attività di investimento».

Secondo la società inglese, con le nuove tecnologie di perforazioni che prevedono pozzi orizzontali e lo sviluppo dei giacimenti non disponibili 40 anni fa, nei due progetti si potrebbero ottenere riserve per un totale di 200 milioni di barili di petrolio. La fase di valutazione, con costi di 20 milioni di dollari, durerebbe almeno 18 mesi. Lo sviluppo completo del giacimento dovrebbe durare 20-25 anni, compresi quattro anni di pianificazione e realizzazione delle strutture, con un costo di circa 750 milioni di dollari. Ma il documento, che la Delta Energy Limited diffuse quattro anni fa prima della stasi del progetto, parla anche di un ritorno di guadagni, al netto di imposte, per 3,8 miliardi di dollari. E poi la stima delle royalties, dovute alla Regione Campania e ai Comuni in 20 anni di produzione, per un totale di 750 milioni di euro, così divisi: 79 milioni ai Comuni, 291 milioni alla Regione, 159 milioni allo Stato e 227 milioni al fondo di riduzione. «Lo stato attuale è l'attesa della firma dell'intesa da parte della Regione Campania, richiesta dal ministero dello Sviluppo economico nel maggio 2018» concludeva il documento della società petrolifera inglese. Tutto fermo, mentre Mastella rispolvera la vicenda, sulla spinta dell'emergenza energetica italiana legata alla guerra in Ucraina.
 

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