Pioggia amara per le api: miele, "buco" da 3 milioni

Nel Sannio 238 operatori in difficoltà

Un apicultore
Un apicultore
di Antonio Mastella
Mercoledì 7 Giugno 2023, 08:59
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Gli effetti della pioggia torrenziale che continua ad abbattersi quasi ininterrottamente da giorni sul Sannio non hanno risparmiato un fiore all'occhiello dell'agroalimentare sannita come la produzione del miele. «Con tutta la prudenza del caso, è comunque pressoché certo che il danno sinora subito non sia inferiore ai 3 milioni di euro. E speriamo che si fermi qui» avverte Angelo Petretta, presidente regionale dell'Apas, l'associazione, terza in Italia e prima in Campania per numero di iscritti che operano in questa area del settore primario dell'economia. Le api trovano sempre più difficile, se non impossibile, posarsi sui fiori delle piante indispensabili al loro lavoro di succhiarne gli umori per poi trasformarli nel preziosissimo nettare. La causa neanche a dirlo è da attribuirsi alle precipitazioni che ne stanno paurosamente rallentando o, addirittura, bloccando la maturazione.

Il colpo, così come è stato quantizzato, è di quelli che possono mettere in ginocchio. Il valore del comparto, quando il meteo rispetta le stagioni, si attesta intorno ai 7 milioni di euro all'anno grazie ad una produzione di oltre 900mila chili. Cifre che, oggi, sono impensabili da raggiungere. È da ricordare, tra l'altro, che già lo scorso anno, causa la siccità, il settore subì una perdita di circa 3 milioni. È poi da evidenziare che, in maniera del tutto speculare, alla drastica riduzione del fatturato corrisponde un increscioso incremento dei prezzi che gli apicoltori devono affrontare per alimentare in ogni caso gli insetti. «Gli elementi base essenziali, che lo sono ancora di più ora, per nutrire le api puntualizza Antonio Carrelli, tecnico dell'Apas costano il doppio se non di più». Qualche cifra rende bene l'idea. Per un chilo di zucchero, che, sciolto in acqua, si somministra alle api, bisogna spendere 1,35 al chilogrammo; due anni addietro, prima dello scoppio della guerra, bastavano 60 centesimi per procurarsi la stessa quantità. «Un altro prodotto largamente in uso come la pasta di candito annota è passata da 80 centesimi di media a 2 euro, sempre al chilogrammo». Una pallida speranza di un possibile recupero, sia pure limitato, viene, in particolare, dalla prossima, attesissima fioritura del castagno. «In genere osserva in merito Petretta i fiori di questa pianta si schiudono verso la metà di giugno. Ci auguriamo che, per quel periodo, il tempo sia tornato alla normalità». Ma non è detto che andrà nel senso auspicato e per una semplice ragione. L'ape ha in ogni caso subito un deperimento per il mancato raccolto. «È auspicabile, anche in questo caso, - chiarisce Carrelli - che sia stata adeguatamente curata dall'apicoltore».
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Petretta, con la sua associazione, è già da tempo in trincea perché le istituzioni volgano il loro sguardo su di un segmento così importante e non solo dal punto di vista economico. Si è preoccupato di inoltrare, nei giorni scorsi, una richiesta di stato di calamità naturale alla Regione Campania. E che vi sia del tutto bisogno di un soccorso, lo impone la dimensione di un segmento così significativo del mondo produttivo agricolo locale. Secondo uno recentissimo studio delle Asl campane, il Sannio annovera 238 operatori. Dal punto di vista statistico, si colloca al quinto posto in una graduatoria in cui Salerno risulta prima grazie ai suoi 701 imprenditori. Segue Caserta con 424 unità; terza è Napoli con 356; quarta, infine, Avellino con 289. Se però si prende in considerazione la quantità degli alveari, si scopre che Benevento sale al terzo posto potendo contarne 23460 e così è anche per la consistenza degli apiari posseduti: 892. Prima è sempre Salerno che ne ha, rispettivamente, 29908 e 1527. A ruota, Terra di Lavoro con 27093 e 1402. In quarta pozione l'Irpinia, che ne conta 20481 e 878. Ultima Napoli e la sua provincia con 8282 e 700.
È quarto, infine, il Sannio per numero di laboratori di trasformazione con 14 aziende. Prima è sempre Salerno con 25; precede Avellino (20) e Napoli (16); chiude Caserta con 8. Tenuto conto della dimensione del territorio beneventano rispetto a quello delle altre province, occorre evidenziare che si tratta di una notevole concentrazione, tra le più alte della Campania.
 

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