Di sardine, tonni e aringhe
ovvero delle rivoluzioni mancate sotto il segno dei pesci

Di sardine, tonni e aringhe ovvero delle rivoluzioni mancate sotto il segno dei pesci
Venerdì 13 Novembre 2020, 10:35 - Ultimo agg. 16 Novembre, 21:31
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Alla fine un albatros passò / uscito fuori dalla nebbia: / come se fosse un'anima cristiana / lo accogliemmo nel nome del Signore. / Ebbe il cibo che mai aveva avuto / e lungamente attorno volteggiò / il ghiaccio si spaccò con un boato / e il timoniere nel varco ci portò

(Samuel Taylor Coleridge, poeta, critico letterario e filosofo inglese)

E’ già trascorso un anno dall’inizio della prima rivoluzione ittica della storia. Peccato non essercene accorti. Il loquace Mattia Santori e la bella Jasmine Cristallo, in buona compagnia di tanti altri, ci avevano promesso un cambio di passo nel nome della politica con la P maiuscola. Scelsero quel nome, ricorderete certamente, con l’idea di gremire piazza Maggiore a Bologna stretti appunto come dei filetti di pesce stipati in una scatola di latta in contrapposizione al raduno leghista di Matteo Salvini al fianco della candidata del centrodestra in Emilia Lucia Borgonzoni. E ci riuscirono pure. 

“La festa è finita” avevano tuonato all’indirizzo dei “cari populisti”, ai quali imputavano d’avere “scelto di affogare i contenuti politici sotto un oceano di comunicazione vuota” spiattellando loro in faccia la verità dei fatti: “ma di quei contenuti non è rimasto più nulla”. Avevano gonfiato il petto e consegnato la promessa che suonava come una minaccia: “Noi siamo le Sardine, e adesso ci troverete ovunque. Benvenuti in mare aperto. È chiaro che il pensiero dà fastidio, anche se chi pensa è muto come un pesce. Anzi, è un pesce. E come pesce è difficile da bloccare, perché lo protegge il mare. Com'è profondo il mare”.

Talmente profondo, che ci si saranno perduti. Ora è facile rinfacciare loro: ma di quei contenuti cos’è rimasto? 

Ora è facile dire: nomen omen. S’erano scelti l’immagine d’un animale che per antonomasia è muto. Non che gli altri siano dotati di favella (tranne quelli dei cartoni), ma la fisiologica difficoltà della trasmissione del suono nel profondo mare segnava ab origine la scelta come sbagliata o quanto meno azzardata di fronte alle ambizioni dichiarate.

Ora è facile accampare giustificazioni: il Covid ha intorbidito le acque. Seppure, attenzione, proprio la pandemia avrebbe potuto rappresentare un’immensa opportunità. A maggior ragione se si considera che l’intuizione le (inconsapevoli) sardine l’avevano avuta quando avevano spiegato di non voler essere un “movimento politico”, ma un “anticorpo”. Invece neppure quello.

Ora ciò che rimane da capire è un’altra cosa.

Ci avete fatto mai caso? Quante rivoluzioni mancate nascono e vanno avanti sotto il segno dei pesci? Ma perché? Saranno coincidenze, eppure viene da pensarlo. 

Mi spiego meglio. Quelli che volevano aprire il Palazzo come una scatoletta di tonno ci sono praticamente finiti dentro. Parlamento marginalizzato, ricorso estremo alla decretazione d’urgenza, molti provvedimenti legislativi licenziati in Consiglio dei ministri con la formula sarchiaponica “salvo intese”: sono le principali caratteristiche dell’esecutivo a guida in quota Cinque Stelle. E che i grillini non stiano passando di lì per caso lo conferma la recente indagine di Openpolis che indica nel 49,23% la percentuale di incarichi di governo ricoperti da esponenti M5s o indicati da questi. Roba che neppure lo scudocrociato.

Né, cambiando Paese, sembra abbia trovato compimento la rivoluzione promessa nel segno dell’aringa dall’esuberante premier britannico Boris Johnson che in un giorno caldo dell’estate 2019 - allora non era ancora di casa a Downing Street - mostrò dal palco un pacchetto ricevuto da un pescatore dell’isola di Man, un pesce avvolto nel cellophane: "Ecco vedete, questa aringa secondo le leggi europee e i burocrati di Bruxelles deve essere incartata con questa borsa del ghiaccio. Che cosa costosa, inquinante e inutile! Ecco che cos'è l'Unione Europea!". Salvo smentita di Bruxelles, perché l’aringa era sì incartata, ma in ossequio alla legge britannica e l’Europa non c’entrava un fico secco. Ora, per carità: la Brexit già aspettava da tempo (il referendum è del giugno 2016) ed è tuttora di là da venire. Tutt’al più l’aringa sarà servita al biondo platino Boris a scalzare e prendere il posto di Theresa May.

Insomma, viene da pensare che poi i pesci non portino così bene. 

Dovremmo ritenere che aveva ragione Georges Jacques Danton quando oppose il “suo” regno del montone alla congiura delle carpe, sebbene una rivoluzione del genere comunque non sarebbe inclusiva nei confronti di tanti vegani.

In ogni caso, stai a vedere che i pesci stiano meglio laggiù dove vivono da sempre e cioè in fondo al mare?

Ma poi: non era il cane il migliore amico dell'uomo?

O ancora meglio: non è più affidabile il buon vecchio albatros, uccello del buon augurio e fedele compagno di viaggio di chi va per mare?

Ma sì, suonerebbe anche bene. Sentite: e venne la rivoluzione dell'albatros.

corrado.castiglione@ilmattino.it

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