Governo: dizionario della crisi
Prima Parte

I banchi del governo nell'Aula di Palazzo Madama
I banchi del governo nell'Aula di Palazzo Madama
Giovedì 5 Aprile 2018, 08:00 - Ultimo agg. 7 Aprile, 11:03
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Nessun popolo crede nel suo governo
Tutt’al più, la gente è rassegnata
(Octavio Paz, poeta, saggista e diplomatico messicano)


Governo politico, tecnico, del presidente, di coalizione, di Grande coalizione, di larghe intese, di scopo, di missione, funzionale, balneare, ponte, di non sfiducia, non operativo, governicchio, governissimo, istituzionale, elettorale, d’affari, amministrativo, amico.
 
Ogni qualvolta ci si trova alla vigilia della formazione di un nuovo esecutivo, ecco che il giornalese si esibisce in una gamma variegata di tipi e sottotipi di governo. Come se la Costituzione fosse qualcosa di paragonabile alla leggendaria borsa di Mary Poppins o alle sterminate tasche di Eta Beta e custodisca chissà quante forme di governo, ciascuna buona a seconda dell’occorrenza. Il neofita, il curioso sappia che non è così. Si armi dunque di buona volontà, animato da un sorriso. Sì perché la sarabanda di governi che il giornalese sforna fa venire alla mente un gustoso e discusso sketch della Smorfia. Anno 1979, Massimo Troisi interpreta la moglie di un pescatore disoccupato che Gabriele (Lello Arena) e il Cherubino (Enzo Decaro) scambiano per la Madonna. Ebbene, la donna racconta a modo suo le peripezie del marito, alla ricerca estenuante di un’occupazione: una volta gli viene proposto lavoro nero, un’altra lavoro minorile, un’altra ancora lavoro a cottimo. Fino ad indurla ad esclamare la più naturale delle obiezioni: ma un lavoro-lavoro non c’è?

Fatte dunque le dovute proporzioni è lecito chiedersi: ma un governo-governo non c’è? La risposta è di una sorprendente semplicità. Viene dall’articolo 92 della Costituzione, dove si contempla una sola forma di governo della Repubblica, «composto dal presidente del Consiglio e dai ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i Ministri». Stop. Non c’è scritto altro. In un linguaggio chiarissimo. Osserverà Tullio De Mauro: (la Costituzione) «è un testo di una limpidezza esemplare (…) comprensibile da ogni cittadino, anche dal più umile e dal meno colto, affinché ciascuno di loro prendesse coscienza dei propri diritti».
Di qui dev’esser chiara la consapevolezza: tutte le espressioni che il giornalese ci propina a proposito di governi non sono giuridiche. E, piuttosto, sono improntate ai casi specifici e alle prassi che si sono succedute nella storia repubblicana.

Per governo politico si intende un esecutivo sostenuto da forze politiche che in Parlamento configurano una maggioranza in grado di assicurare il voto di fiducia nelle due Camere. Si parla anche di governo di coalizione, alludendo all’esecutivo che nasce da un accordo fra gruppi o partiti, sulla base di una maggioranza che gli consenta di operare secondo un programma concordato. Governo che diventa di Grande coalizione (mutuato dalla Grosse Koalition tedesca, sebbene il più antico modello risalga alla provincia del Canada, 1864-1867), quando ad unirsi sono i due maggiori schieramenti politici di solito avversari. Esempio di Grande coalizione o, all’italiana, delle larghe intese è il governo di Enrico Letta (2013). 
Quando questa maggioranza in Parlamento non c’è ecco il ricorso da parte delle forze politiche ai tecnici. È un impasse che il costituzionalista Fabrizio Politi spiega con chiarezza nel Libro dell’anno del diritto 2013, quando descrive la duplice peculiare situazione: «Impossibilità di realizzare una maggioranza politica in Parlamento e contemporanea necessità di affrontare situazioni di particolare difficoltà o emergenza che sconsigliano il ricorso alle urne».

La definizione di governo tecnico invero sta solo a sottolineare che il presidente del Consiglio e/o i ministri vengono scelti per le competenze professionali e non in base all’appartenenza ad uno schieramento politico. Ma attenti all’inganno! L’antitesi fra governo tecnico è quello politico è soltanto apparente, come ancora una volta ci avverte Politi «perché in realtà tutti i governi sono politici, cioè portatori di determinate opzioni valoriali». Fu governo tecnico quello di Lamberto Dini (1995), chiamato dal presidente della Repubblica tra i vertici di Bankitalia a guidare un esecutivo che subentrasse ad una maggioranza subito sfaldata all’indomani del voto. Prima di lui era stato governo tecnico quello di Carlo Azeglio Ciampi (1993, anche lui proveniente da Bankitalia), giunto in soccorso nella difficile stagione dei partiti con Tangentopoli che andò ad incrociarsi con la tragica realtà delle stragi di mafia. Più tardi sarà governo tecnico quello di Mario Monti (2011), di fronte alla crisi dei mercati finanziari. 
(continua)
 
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