Briganti, terroristi, mafiosi e leggi speciali

Briganti, terroristi, mafiosi e leggi speciali
Domenica 18 Marzo 2018, 13:12 - Ultimo agg. 19 Marzo, 17:05
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I 40 anni dal rapimento Moro e dall'uccisione dei 5 uomini della scorta sono stati occasione per riflettere sull'importanza di quella vicenda nella storia dell'Italia repubblicana. La morte di Aldo Moro, presidente della Dc, la lotta armata della Brigate rosse, il tentativo di un accordo politico Dc-Pci nell'era dei blocchi ideologici Usa- Urss nello scenario internazionale disegnato dagli accordi di Yalta. Tante riflessioni, su un periodo che mise in profonda crisi lo Stato repubblicano.

Quasi assenti, nelle analisi di questi giorni, le riflessioni sugli strumenti giuridico-repressivi che consentirono la sconfitta del terrorismo, con le sue sigle più note e agguerrite: Br, Prima linea, Nap. Quegli strumenti si chiamano leggi speciali, introduzione delle figure dei pentiti e dei dissociati che, in cambio di sconti di pena, si arrendevano senza accusare altri (dissociati), o si arrendevano fornendo indicazioni utili su altre persone (pentiti).

Invece la strada delle leggi speciali è stata quella più praticata nella storia dell'Italia. Si cominciò nel 1863, con la famigerata legge Pica sul brigantaggio. Il Sud era in rivolta, una vera guerra non riconosciuta che fece migliaia di morti soprattutto tra contadini, pastori, artigiani, ex soldati delle Due Sicilie. Fu una repressione dura e violenta, con interi territori nel Mezzogiorno nelle mani dell'esercito. Quando vennero approvate, le 9 norme della legge Pica sigillarono uno stato di fatto: tribunali militari, fucilazioni, processi sommari. Chi si arrendeva poteva vedersi risparmiata la vita. Chi accusava ex amici, come Giuseppe Caruso che aiutò i soldati a sgominare gli uomini di Carmine Crocco, aveva vita facile e futuro assicurato.

Con il terrorismo, si utilizzarono metodi simili: la legge 304 del 29 maggio 1982 introdusse le figure dei dissociati e dei pentiti. Uno dei primi fu il famoso Patrizio Peci. Ma anche Adriana Faranda e Valerio Morucci, che fecero parte del gruppo che partecipò al sequestro Moro, si dissociarono. Fu una legge che consentì di sgominare le Br, di individuare covi e complici, senza preoccuparsi di pentimenti interiori o altre scelte di tipo etico individuale. Certo, nulla a che vedere con il macello della legge Pica, con il terrore di quella repressione, con i morti che provocò tra la povera gente. Morti di cui, assai spesso, non ci fu traccia nei rapporti ufficiali.

Dopo gli agguati e le uccisioni dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, si applicò in pieno quella che era stata un'intuizione di quegli stessi giudici, sull'esempio americano: la legge 82 del 15 marzo 1991. Gli agguati ai due magistrati dell'anno successivo convinsero lo Stato ad utilizzare la categoria del pentitismo anche per i mafiosi, che era stata accettata dopo diversi dibattiti e sofismi rispetto a quanto era invece avvenuto per il terrorismo cui si riconosceva una matrice e un'origine politico-ideologico che le mafie non avevano e non hanno. Nacquero i pentiti di mafia, il loro contratto di collaborazione con lo Stato, il Servizio centrale pentiti che ne gestisce l'incolumità e le esigenze quotidiane.

Sono 155 anni di leggi speciali in Italia, dunque. Materia per approfondimenti di giuristi: le politiche e le norme del doppio binario, le figure dei collaboratori di giustizia e così via. Resta una considerazione che ritengo fondamentale, sugli esiti di queste differenti norme: come mai con le leggi speciali si sono sconfitti brigantaggio e terrorismo, mentre le mafie non si riesce a sradicarle? Una riflessione, che ne porta un'altra: appare evidente che brigantaggio e terrorismo erano estranei alle istituzioni statali. E le mafie? Ah, saperlo, saperlo.
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