Calcio, identità, storia e cuore. Anti elogio del Napoli nazionale di stranieri

Mercoledì 10 Settembre 2014, 12:59
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Che cos'è l'identità. Cosa sono le proprie radici? Sensazioni, memorie, storia. Il sapore di un cibo, frutto di una ricetta che in nessun altro luogo riescono a riprodurre, oppure certi colori e suoni che risvegliano ricordi ed emozioni. Identità è cuore, senso di appartenenza, legame con una terra e con quelli che vi sono nati prima di te. Nella passione calcistica, il tifo (quello puro, che non degenera in lurida violenza) è anche legame con le radici nella propria città. Maglie dai colori che ravvivano tracce della propria storia e di quella dei propri genitori e poi dei loro genitori e poi dei loro nonni, in una catena indissolubile che lega il passato al presente e diventa vite individuali che si uniscono nella continuità di una terra. Le mie non sono riflessioni calcistiche, c'è già Francesco De Luca che, assai meglio di me e con grande conoscenza e professionalità, si occupa di calcio nel suo blog. Azzardo solo riflessioni di getto sull'identità che dovrebbe rappresentare il valore aggiunto in ogni squadra di calcio.  Ci si chiede perchè il Barcellona o l'Atletico Bilbao siano qualcosa d'altro, di unico, nel panorama del calcio mondiale. Perchè i musei, gli stadi di queste squadre sono diventati mausolei, luoghi di ricordi e collanti d'amore verso la terra basca e catalana. La risposta è semplice: nessuno meglio di chi ha gestito e gestisce questi club sa che una squadra esprime e dovrebbe simboleggiare sempre anche la storia della città e della terra che rappresenta. E una squadra non può non tenerlo presente. Così, è davvero illuminante la regola che esclude calciatori che non siano baschi dalla rosa dell'Atletico Bilbao. Una regola che rende ancora più stretto il legame tra squadra, storia e terra. E' così, oggi, anche per il Napoli? Ai miei lettori la risposta: il nome di una città, rappresentato da una nazionale di atleti del resto del mondo, mi sembra altra cosa. Difficile avere una squadra di tutti napoletani, o di soli meridionali, lo so. Ma almeno qualcuno di sangue delle nostre parti è lecito aspettarselo. Sarò un nostalgico, un illuso, ma la penso così. E, vedendo l'Italia di Antonio Conte, ho gioito per i due attaccanti Zaza e Immobile: Un lucano e un torrese di Oplonti. Due meridionali, a rappresentare il Sud nella nazionale, così come l'allenatore che è pugliese.  Immagino già gli argomenti contrari: c'è il mercato globale, finiti i tempi di blocchi e frontiere calcistiche, i soldi delle tv impongono nomi di stelle già noti da tutto il mondo. Già, ma se si dovessero seguire queste ragioni all'estremo, se di globalità è ormai intriso il calcio, che differenza fa tifare per una squadra invece che per un'altra?. Perchè scandalizzarsi se un napoletano tifa Inter o Juve?. Vale più la parola Napoli e una maglia azzurra, o il fatto che, in squadra giochino atleti nati nella città rappresentata? Insomma, sogno una squadra con un campione come fu Maradona (inimitabile e unico, lo so), scugnizzo vero nato per combinazione in Argentina, che giocava però con Ferrara, Bruscolotti, De Napoli. La nazionale del resto del mondo in maglia azzurra mi appassiona poco. Almeno se si crede che nel calcio, oltre al business, ai calcoli, ai bilanci, ai soldi, conti anche un po' di cuore. In passato, un presidente (Corrado Ferlaino) volle collegare radici storiche alla squadra, stampando sugli abbonamenti del Napoli lo stemma delle Due Sicilie. Durò poco, gli chiesero di eliminarlo. Allora non molti avrebbero capito. 
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