Don Peppe Diana a 21 anni dalla morte, nel ricordo di Raffaele Sardo 

Giovedì 19 Marzo 2015, 12:18
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Sono passati 21 anni da quel terribile 19 marzo del 1994. Sono arrivate sentenze, fiction televisive, ricordi, commemorazioni. E la figura di don Peppe Diana è diventata parte della memoria collettiva. Come don Puglisi in Sicilia, don Peppe di Casal di Principe fu esempio di una Chiesa che si sporca le mani nella società, denunciandone storture e crimini, esempio di resistenza contro le mafie.

Un testimone attento, cronista preciso e coraggioso come Raffaele Sardo che vive da sempre nell'area aversana, era l'unico a poter fare il punto sulla figura di don Diana. Il suo nuovo libro "Don Peppe Diana, un martire in terra di camorra", edito da di Girolamo, racconta in 138 pagine serrate il sacerdote ucciso, inserendolo nel contesto storico di allora, dominato dalla pesante cappa della mafia Casalese.

Sardo ricorda e fa il punto 21 anni dopo, aggiorna la salute di quella terra bella e martoriata per anni da criminali, con le speranze alimentate dal ritorno a sindaco di Casal di Principe del medico Renato Natale. Fu lui, 21 anni fa, tra i primi ad accorrere nella chiesa dove don Peppe era stato ucciso dai killer.

Oggi Renato ripete: "Vorremmo che casalese indicasse l'origine di un cittadino del paese, un termine di speranza, non una condanna negativa". Di questa speranza si fa partecipe, da testimone civile, Raffaele Sardo, che fu tra i primi a scrivere, quasi in presa diretta, un libro su don Diana: 21 anni dopo, registra gli arresti dei boss latitanti, come Michele Zagaria e Antonio Iovine, il nuovo impegno sociale contro la camorra, ma anche i segnali di ritorni criminali da non sottovalutare.

"Il clan storico dei Casalesi, come lo abbiamo inquisito, è sconfitto dopo il pentimento di Iovine. Non esiste più, bisogna vedere quali forme criminali sono ancora su quel territorio" ha più volte ripetuto il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti. E i recenti blitz del 10 marzo, con la scoperta che i figli di Francesco Schiavone sandokan reggevano ancora le fila del clan, è un monito a non cullarsi sugli allori.

Le estorsioni rendevano ancora 200mila euro, ai familiari degli affiliati venivano versati di stipendi un totale di 60mila euro. Una chiamata a raccolta di affiliati superstiti, stroncata dai carabinieri. La cultura del distacco da certe degenerazioni ha bisogno anche della Chiesa. E, nella sua introduzione al libro di Sardo, scrive Gian Carlo Caselli: "Se una nuova coscienza ha cominciato a nascere, pure nei cristiani, è anche grazie a testimonianze come quelle di don Diana".

I libri che ricordano e raccontano vicende di mafie servono ancora? Sì, se bisogna ampliare la conoscenza, che non è mai troppa, anche a ciò che accade oggi, partendo da quello che si verificò ieri. E Raffaele Sardo prosegue il suo costante cammino, con un prezioso blog e con i suoi scritti. Nella terra difficile, dove continua a vivere, non è poco.
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