Garibaldi, Velletri 1849 e il falso mito sbugiardato da don Benedetto

Domenica 8 Febbraio 2015, 15:38
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Un mito, si sa, nasce su un fondamento di verità con l'aggiunta di tante esagerazioni. Un mito ha bisogno di alimenti di fantasia, iperboli, a volte anche vere e proprie invenzioni.

Se quel mito, poi, deve giustificare e dare forza ideale ad una identità costruita, allora non c'è verso di smentire le bugie. C'è, in Italia, mito più popolare in tutto il mondo di Giuseppe Garibaldi? L'eroe dei due mondi, il conquistatore con un pugno di volontari di un regno difeso da centomila soldati, l'intrepido generale.

Tra i tanti "padri del Risorgimento" probabilmente Garibaldi è quello che più si è esposto, che almeno ha rischiato di proprio, coerente con le proprie idee politiche. E lo dimostrò quando fu uno dei pochi ad andare in soccorso della Francia soccombente nella guerra contro la Prussia, o quando decise di difendere in Parlamento i suoi volontari contro Cavour e la sua maggioranza. Lo confesso, è quello che più mi fa simpatia.

Ma ci sono invenzioni che sono servite ad ingigantire la mitologia dell'eroe invincibile. Insopportabili. Come quella della vittoria del 19 maggio 1849 a Velletri contro i soldati di Ferdinando II di Borbone. Gli antefatti sono noti: il re delle Due Sicilie decise di andare in aiuto a papa Pio IX, unendosi ai francesi contro i volontari delle Repubblica romana, Ci fu un piccolo scontro, poi i francesi chiesero ai napoletani di tornare indietro. Avrebbero fatto da soli.

Questa verità fu trasformata in aria gonfiata con i volontari di Garibaldi a inseguire alle porte delle Due Sicilie soldati impauriti in fuga. Sentite cosa scrisse Jessie White Mario nel 1882: "Possibile che l'esercito napoletano, saputo che il terribile Garibaldi era con 2000 uomini alla posizione strategica, aspettasse tranquillamente in Velletri per esservi "poderosamente circondato" e vedersi poi tronca la ritirata su Napoli? Non lo crediamo. Il sol nome di Garibaldi metteva le ali ai piedi ai napoletani e il re si ritraeva cogli svizzeri e altri corpi".

Il tenente colonnello Gaetano D'Ambrosio, che partecipò a quelle vicende, ne scrisse un libricino di memorie nel 1852. Ridusse lo scontro a poca cosa, con la decisione "a suo talento" del re di tornare indietro. Ci furono poche fucilate e ricognizioni ordinate, racconta D'Ambrosio. E, nelle sue memorie, il garibaldino Pietro Roselli se la prende con il suo generale e i suoi uomini indisciplinati per non aver potuto fare nulla contro i napoletani.

Il cappellano napoletano Giuseppe Buttà descrive nel 1862 il rientro dei napoletani, seguito dall'arrivo a Velletri degli uomini di Garibaldi: "Saputa la ritirata dei regi, si avvicinarono a Velletri dopo essersi assicurati non trovarsi colà alcun soldato. La setta a furia di menzogne volle innalzare Garibaldi al di sopra di illustri generali e fece strombazzare dai suoi giornali vittorie omeriche riportate dal suo eroe a danno dei regi".

Racconti di parte? Di certo, e gli studi di Eva Cecchinato e Lucy Riall lo hanno ben ricostruito, sulla figura di Garibaldi molta costruzione mediatica ci fu. Ma, senza allargare troppo il discorso, qui ci si limita a Velletri e a quel 1849. Una parola definitiva, almeno a lui si può credere immagino, la scrisse Benedetto Croce.

Il passaggio non è noto a tutti, ma si trova nella Storia del Regno di Napoli. Scrive don Benedetto, a proposito di Ferdinando II con cui poi non si dimostrò mai tenero nei giudizi: "Dai confini del suo stato uscì, per volontà sua, una sola volta, e per dovere di coscienza, per ripristinare il potere del papa a Roma". Poi, attenzione a quello che scrive subito dopo: "Si ritrasse sol perché la Francia repubblicana di Luigi Bonaparte non consentì quella cooperazione napoletana, e non perché il suo corpo di operazione fosse volto in fuga dalle schiere garibaldine, come narra una sciocca leggenda".

Scrive proprio così Benedetto Croce: "sciocca leggenda". Evidentemente deve essersi infastidito non poco per le invenzioni storiche su quell'episodio, ingigantito per ragioni propagandistiche.

Il discorso sulla spedizione dei Mille sarebbe troppo lungo. Qui ho voluto solo ricordare Benedetto Croce e quello che pensava sulla vicenda di Velletri del 1849. Come sempre, solo per amore di verità.
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