I migranti eritrei, la nemesi della storia e gli orrori del nostro colonialismo

Domenica 27 Aprile 2014, 14:29
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La storia fa giri curiosi. E si prende le sue rivalse. Mi è venuto da pensarlo, seguendo per Il Mattino il nuovo incremento di sbarchi di migranti sulle coste siciliane. Un flusso inarrestabile, un mondo in cerca di sicurezza, in fuga dall'orrore e dalle guerre.

I numeri parlano chiaro. E le croci copte portate al collo da tanti uomini e donne dalla lucida e liscia pelle scura lo confermano. La maggioranza arriva dall'Eritrea: ben 5033 fino a pochi giorni fa. Furono una massa enorme anche lo scorso anno: 9834 eritrei, al secondo posto dopo gli 11307 siriani.

L'Eritrea e la Somalia, Paesi che riportano a memorie di poco meno di 80 anni fa. Faccetta nera, l'impero nelle mani di Vittorio Emanuele III, il colonialismo targato tricolore e Benito Mussolini con il maresciallo Pietro Badoglio, l'uomo per tutte le stagioni scelto anche per la rinascita dell'Italia in ginocchio nel 1943, nominato governatore.

Italiani brava gente? No, tutte le guerre sono un orrore. E tutte le guerre di conquista fanno tirare fuori il peggio da ogni uomo. L'uso dei gas mortali, le impiccagioni dei ribelli, le rappresaglie contro eritrei, etiopi e somali furono compiuti in nome dell'impero italiano. Indovinate come si indicavano i ribelli nei rapporti italiani? "Briganti", naturalmente. Ha scritto tanti libri, ci ha speso tanto lavoro allla ricerca di documenti uno studioso-giornalista come Angelo Del Boca. E' proprio lui ad aver ironizzato in un suo libro sugli "Italiani brava gente".

Invenzioni, esagerazioni? Ennio Flaiano, il grande e disincantato scrittore e sceneggiatore dei più bei film di Fellini, fu ufficiale, come lo fu Indro Montanelli, nella guerra coloniale del 1936. Appuntò pensieri e ricordi. Come per il 7 marzo del 1936 ad Adi Onfitò. Il gruppo Spahis del II corpo d'armata ispezionò alcuni tucul. Vi trovò oggetti appartenuti ad un ingegnere italiano ucciso con la moglie in un cantiere qualche giorno prima. Partì la rappresaglia.

Flaiano la racconta così: "Le donne e gli uomini asserragliati in chiesa sono trucidati. Una donna, la più avvenente, viene posseduta in circolo e poi nel suo sesso è introdotto un tizzone del rogo servito per bruciare il cachi copto. Poi si bruciano i cadaveri. In una cassa viene trovata una povera malata, terrorizzata. Viene messa con gli altri nel rogo. Un soldato urla: "Ma è viva!" Un altro gli risponde: "No, è quasi morta". La donna, salvata la sera dal fuoco, morì nella nottata".

Orrori italiani in terre d'altri. Bisognerebbe sempre ricordare certe vicende storiche, quando qualcuno mostra insofferenza nei confronti dei migranti in arrivo in Italia in cerca di salvezza. E' la nemesi della storia. Noi colonialisti accogliamo gli ex nostri colonizzati. E tanti parlano bene l'italiano, appreso da genitori e nonni. Tanti stringono i loro crocifissi copti. Avcù c'è, dice un antico detto eritreo. Fratello si può. Già, non dovremmo mai dimenticarlo. 
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