Il pentimento di 'o ninno e la fine del clan mafioso dei Casalesi

Domenica 15 Giugno 2014, 20:38
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A sentire Antonio Iovine, detto 'o ninno, folgorato sulla via del 41-bis che lo ha spinto alla scelta di collaborare con la giustizia, "il clan dei Casalesi non esiste più". Ed è una dichiarazione di resa individuale, enunciata pubblicamente da chi, negli ultimi anni, è stato ai vertici dell'organizzazione criminale che ha imperversato in provincia di Caserta e oltre. C'era una volta Antonio Bardellino, ex carrozziere che, attraverso i Nuvoletta di Marano, si avvicinò a Cosa nostra e all'ideologia mafiosa. Spietato, in grado di organizzare formazioni di killer sanguinari, fu negli anni Ottanta del secolo scorso il fondatore della mafia Casalese. Cuore e testa tra Casal di Principe, Casapesenna e San Cipriano d'Aversa, quella mafia-camorra è stata una cappa opprimente su un intero territorio. Sangue, affari, controllo di pubblici amministratori e imprenditori. Movimento terra, calcestruzzo, estorsioni nei grandi appalti, business rifiuti: dal traffico internazionale di droga a introiti da più zeri, il salto è stato progressivo. Una mafia a struttura piramidale come Cosa Nostra. E le successioni, come le guerre, sono state sempre e soltanto interne. Da Bardellino e Mario Iovine, ai fratelli De Falco fino ai capi, tutti ora rinchiusi in galera al 41-bis: Francesco Schiavone, Francesco Bidognetti, Michele Zagaria, Antonio Iovine. Tra tutti, proprio Iovine 'o ninno, faccia da eterno adolescente, amante della bella vita, si è dimostrato subito insofferente nei confronti di prospettive di vita da lunga e difficile detenzione. Ed è partita la sua collaborazione, gestita dai due pm che avevano seguito tutte le inchieste che lo riguardavano: Antonello Ardituro e Cesare Sirignano. Finora, le narrazioni di Iovine sono più interpretazioni e letture, dichiarazioni di resa, che fari su vicende criminali sconosciute. Da lui solo conferme, ammissioni. Ma nessuna vera rivelazione esplosiva. Certo, che un capo collabori ha sempre un effetto deflagrante. Ma, nella storia della camorra del dopoguerra, non è una novità. In provincia di Napoli, la grande stagione dei pentiti di camorra fu inaugurata da pezzi da novanta tra i vincenti nella guerra contro la Nco di Raffaele Cutolo. I pentimenti di Pasquale Galasso prima e Carmine Alfieri poi ebbero la stessa rilevanza, anche se per spessore di dichiarazioni qualità superiore, della collaborazione di Iovine. Resta un elemento, su cui riflettere. Il clan dei Casalesi, quella struttura piramidale che creò Bardellino, è storicamente finito. Proprio come oggi non esiste più da anni la Nco di Raffaele Cutolo. Nell'analisi di storia criminale è un dato, confermato da Iovine. Altro, però, è il discorso sul crimine organizzato in provincia di Caserta. Quello non può dirsi certamente sconfitto. La tensione e attenzione vanno tenute sempre alte. Gli appetiti illeciti, che fanno gola ai figli e nipoti di quella stagione mafiosa, quelli disposti culturalmente a seguirne la scia, non sono scomparsi. C'è una rete di conniventi disposti a continuare. Non sono più i Casalesi storici, ma si tratta sempre di organizzazioni mafiose da ricostruire e arginare. Successioni criminali, perchè se lo Stato e la legalità non occupano con autorevolezza e credibilità gli spazi lasciati vuoti dai Casalesi, il rischio di emulatori altrettanto pericolosi resta sempre alto. Non bisogna dimenticarlo mai. Tutti insieme, si deve contribuire a non lasciare spazi a chi vorrebbe nell'illegalità, nella prepotenza, trovare scorciatoie per la sua affermazione, i suoi affari, il suo dominio. Non bisogna permetterlo.
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