L'orrore delle guerre, la Patria, don Milani e lo sbarco garibaldino del 1860

Venerdì 6 Giugno 2014, 13:22
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Negli ultimi giorni, mi ha preso una specie di repulsione per la raffica di orrori che non smette mai di assediarci da televisioni, giornali, Rete, ipad, cellulari, radio. Guerre, sangue, sofferenze: la cronaca, la storia dell'istante, ripete se stessa nell'ossessione delle grandi storie di violenza dell'uomo su altri uomini.  Da sempre, eroi dell'anti-eroismo hanno tentato di opporre il loro impegno nella vita quotidiana per battersi in concreto contro le guerre, le sopraffazioni da sete di conquista. Tra i primi cattolici obiettori di coscienza, Giuseppe Gozzini, scomparso qualche anno fa, ha lasciato scritti e ricordi, pubblicati da poco dalla figlia Letizia. Gozzini rimanda a don Lorenzo Milani, un prete che si "sporcava le mani" per rimediare alle ingiustizie della società. Don Milani appoggiò il movimento di obiettori contro la guerra e il servizio militare obbligatorio. Il suo manifesto, "L'obbedienza non è più una virtù", è documento di lucida analisi e speranza, che dovrebbe essere letto e studiato nelle scuole. Contiene anche una parte di rapida analisi sulla storia italiana a partire dall'unità. Don Milani esordiva: "Volta per volta ci direte da che parte era la Patria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire e quando occorreva obiettare". Rileggere quelle righe, ci riporta alla spietata analisi del saggio di Angelo Del Boca "Italiani brava gente". Sentite cosa scriveva don Milani sull'epopea dei Mille: "1860. Un esercito di napoletani, imbottiti dell'idea di Patria, tentò di buttare a mare un pugno di briganti che assaliva la sua Patria. Fra quei briganti c'erano diversi ufficiali napoletani disertori della loro Patria". L'esordio, ma poi il periodo prosegue. In questo modo: "Per l'appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha in qualche piazza d'Italia, un monumento come eroe della Patria. A 100 anni di distanza la storia si ripete". Così scriveva don Milani nel 1965. E, poichè di certo il sacerdote non può oggi, né poteva allora, essere sospettato di simpatie borboniche, ecco come la sua ricostruzione storica sul 1860 terminava: "I nostri figli rideranno del vostro concetto di Patria, così come tutti ridiamo della Patria borbonica. I nostri nipoti rideranno dell'Europa. Le divise dei soldati e dei cappellani militari le vedranno solo nei musei". La profezia non si è avverata. Quella lettera fu scritta in risposta ad un documento dei cappellani militari toscani,  che accusavano di anti-italianità e anti-patriottismo quei cattolici che rifiutavano la chiamata nell'esercito. Così, al termine della sua ricostruzione su 100 anni di storia di guerre dell'Italia, così concludeva il sacerdote: "Che c'entrava la Patria con tutto questo? La guerra del 1866, seguente al 1860, fu un'altra aggressione". Un documento poco conosciuto, che pubblicò allora la Libreria editrice fiorentina. Aggressioni, violenze nel nome della Patria. Qui non interessano le solite giustificazioni: sì, ma senza utilizzare la forza, si sarebbe rimasti vittime di violenze e inciviltà. Occhio per occhio, si dice. La guerra è sempre un orrore da qualunque parte la si guardi e, vederne di continuo immagini in tv, a volte fa venire voglia di scrivere blog come questo. Voglia di un mondo sereno e in pace, o l'età che avanza?
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