La morte di Ciro, i silenzi sulle responsabilità e il conformismo dell'informazione

Sabato 28 Giugno 2014, 17:08
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Scorrevano le immagini televisive di quella mamma, che ancora una volta dava esempio di dignità e amore. Scorrevano, mentre Ciro di lì a poco sarebbe morto. Scorrevano mentre, nei processi ai Mondiali in onda in quelle stesse ore sulla Rai, si parlava di sconfitta dell'Italia con l'Uruguay.

Un commentatore si diceva dispiaciuto che le condizioni di Ciro fossero ormai senza speranze, ma poi aggiungeva - parola più, parola meno - "sì, però, le immagini di quel Genny la carogna non le vorremmo mai più vedere".

Ancora, di nuovo, come tanti altri prima. Genny la carogna e la pigra e facile equazione dell'ultrà napoletano vicino alla camorra, del violento buzzurro (il fisico e il look, di certo, non aiutavano quel Genny a sfuggire alla semplificazione mediatica), di chi aveva tenuto uno stadio intero sotto scacco.

Roba di quasi due mesi fa, l'oggi è Ciro Esposito morto. L'oggi è un funerale affollatissimo a Scampia. L'oggi sono ancora le parole riconcilianti della mamma di Ciro e dei suoi zii. E allora chiediamoci cosa abbia significato, per commentatori e narratori, questa vicenda.

I luoghi comuni sulla Scampia tutta regno del male ne sono usciti a pezzi. La famiglia Esposito ne era la negazione, l'opposto: facce pulite, gente perbene, lontanissimi dal folklore. Poi, c'era stato quel Genny, alibi e rifugio per pigrizie intellettuali e scarsa comprensione su quello che era accaduto. Paginate intere a chiedere inasprimenti di pene per il Daspo, stadi sicuri, ultrà da allontanare.

Ma siamo davvero sicuri di aver capito cosa è successo quel giorno, anzi quel pomeriggio prima della finale di coppa Italia? Cominciamo a fissare qualche punto. Lo faccio io per primo, re degli smemorati.

1) IL DASPO: ma quel Daniele De Santis non era già colpito dal tremendo provvedimento amministrativo? Non era certamente allo stadio, non ha sparato dalle curve, o dalle tribune. Era per strada, mentre passava un pullman di tifosi-famiglie napoletane dirette all'Olimpico. Cosa poteva servire, in questa vicenda, un Daspo più rigido?

2) GLI STADI SICURI: ma lo sparo mortale non è avvenuto fuori, lontano dallo stadio? Tutto è accaduto lungo un percorso stranamente non calcolato o sottovalutato da chi doveva assicurare ordine pubblico e sicurezza. Lo stadio come metafora di un'intera città insicura, che non si riesce a controllare?

3) GLI ULTRA': ma cosa c'entrano le accanite tifoserie, di fronte ad una vicenda che, diciamolo con chiarezza, è episodio di cronaca nera. La partita, le tifoserie erano pretesto. Come quando un automobilista spara contro un altro per una precedenza non rispettata. Il codice della strada e l'auto sono pretesti, la fattispecie-omicidio è ben altro.

E allora, diciamolo: quel giorno, c'è stato chi non ha saputo assicurare sicurezza per le strade di Roma, in vista di un evento da bollino rosso della pericolosità. Chi non ha saputo valutare presenze e tragitti, come se, in occasione di un corteo di No-Tav, non si presidiassero alcune zone dove potrebbero transitare i manifestanti.

Ecco, rimuovendo questo punto fondamentale, questo nodo nevralgico, giustamente ribadito dalla famiglia di Ciro alla vigilia del funerale, si è su false strade. Genny la carogna è servito da alibi per rimuovere questo nodo. E purtroppo, assai spesso, la parola camorra viene utilizzata a sproposito per dire tutto e niente, coprendo le proprie incapacità a comprendere la complessità di ciò che accade.

Semplifichiamo, a volte aiuta: un uomo, per un "futile motivo" direbbero i giuristi, ha sparato contro un ragazzo di 26 anni. Quel ragazzo, dopo quasi due mesi di tremenda sofferenza, è morto. Si tratta di un omicidio, eseguito per strada. Lontano dallo stadio. 

Chiediamoci: chi poteva e doveva prevenire quella tragedia, al di là dei Jenny la carogna, come si è comportato? Sul Mattino, poche ore dopo la tragedia, un funzionario della Digos di Napoli, in servizio a Roma, descrisse ore di confusione, disorganizzazione, sottovalutazione sulla zona da presidiare, quella dove è avvenuto l'omicidio, lasciata totalmente nelle mani di folli sparatori vestiti da ultrà.

Sì, io mi indignerei più di questo, più dei silenzi prolungati su quelle responsabilità, che sull'immagine di Jenny la carogna. Quello è folklore, quello è altra questione, da esaminare in maniera più approfondita. Ma fuori dal contesto della morte di Ciro. In questo caso, nel caso dell'omicidio di questo ragazzo di Scampia dal volto e dalla vita puliti, sono le responsabilità esterne allo stadio, mai abbastanza esplorate, che andrebbero valutate. Sarebbe ora. 
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