Neoborbonici, tutto cominciò 20 anni fa

Venerdì 25 Ottobre 2013, 18:09
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In principio furono i neoborbonici. Era vent'anni fa, nel 1993. Molto prima di loro, Carlo Alianello con i suoi libri, Angelo Manna con le sue appassionate trasmissioni televisive, Aldo De Jaco con i suoi saggi-documento: cercavano di raccontare la storia del Sud diventato italiano, senza agiografie, senza amnesie, senza vuoti. Senza differenze di ideologie politiche. Isolati, volevano solo aprire squarci per una verità a tutto tondo sul nostro Risorgimento. Non contro l'italia unita, ma anche per l'Italia unita.

Studi di pochi su documenti non sempre consultati, storie bollate come esagerazioni o invenzioni. Prima fra tutte quella del brigantaggio post-unitario. Poi, attraverso la sua rubrica domenicale sul Mattino, Riccardo Pazzaglia, scrittore, commediografo, autore di canzoni famose e uomo di tv, lanciò la sua provocazione. La rubrica era "Specchio ustorio". Pazzaglia invitò "chi voleva parlare male di Garibaldi e delle sue imprese" a presentarsi al Borgo Marinaro a Napoli. Appuntamento il 7 settembre 1993. Una data simbolica: il 7 settembre 1860, Garibaldi era entrato a Napoli.

Riscoperta di radici, identità, cultura del Sud bollato sempre come "retrogrado, sottosviluppato, palla al piede dell'Italia". Pazzaglia credeva di ritrovarsi quattro gatti, si presentarono in 400. Un buongiorno di buon auspicio. In quell'occasione, Pazzaglia scrisse il testo dell'inno delle Due Sicilie, che era stato musicato da Paisiello. Poi, coniò il nome dell'associazione che inseriva nel suo statuto la riscoperta e rilettura della storia, senza amnesie: nacquero i neoborbonici.

Spiegò, Riccardo Pazzaglia, che per la Mondadori scrisse tre libri sul periodo risorgimentale: "Con sette secoli di storia, avremmo potuto chiamarci neogreci, neoromani, neoaragonesi, neoangioini. Per provocazione, partiamo dall'ultimo periodo del Sud indipendente prima dell'unità". E furono i neoborbonici.

Sono il gruppo culturale più datato, hanno spianato la strada alla riscoperta, che di recente è diventata assai diffusa, dell'identità meridionale. Dalla loro costola, in tutto il Sud sono nate tante costole di movimenti che si definiscono meridionalisti. Alcune anche con pochi iscritti. Le divisioni, che sono nate sempre dalle valutazioni diverse sull'eventuale sbocco politico da dare alla conoscenza storica, in 20 anni si sono moltiplicate. Partorendo sigle e partiti, spesso di vita effimera.

Oltre le polemiche, oltre le accuse di revanchismo, la linea maggioritaria dei neoborbonici ha sempre tenuto distinte conoscenza e polemica storica dalla politica. Si sono sempre tirati fuori dalle contese elettorali. Il movimento ha oggi oltre seimila iscritti, oltre 800 sono arrivati negli ultimi giorni. E non è un caso: al teatro "Salvo d'Acquisto" di via Morghen a Napoli, con 500 posti tutti esauriti, sabato 26 ottobre il movimento celebra di sera il suo ventennale.  E' innegabile che neoborbonico sia oggi la definizione più nota in tutt'Italia tra movimenti e associazioni che si definiscono meridionalisti.

In vent'anni, allo stadio San Paolo sono comparse le bandiere del regno delle Due Sicilie. Prima, i tifosi del Napoli sventolavano le bandiere confederate, quelle sudiste della guerra di secessione americana a sigillare la loro identità. Un paradosso. Poi, i fischi ai Savoia rientrati in Italia, le campagne a favore del consumo dei prodotti del Mezzogiorno, le sollecitazioni a modificare la toponomastica delle città meridionali che celebra senza se e ma gli uomini del Risorgimento, i convegni, i dibattiti, gli studi e le ricerche.

Da anni, il professore Gennaro De Crescenzo è presidente dell'associazione, passata dalla sede originaria di via Gerolomini a via Cervantes. Ricorda: "Dopo molte ricerche d'archivio, chiamai Pazzaglia per dare il via alla difesa e diffusione delle verità nascoste del processo di unificazione. Lui mi regalò il suo articolo e l'appello. Di noi si occuparono quotidiani nazionali, televisioni, persino la Bbc".

Nelle polemiche sul Mezzogiorno e l'immagine che se ne rappresenta, i neoborbonici sono stati sempre presenti. Sono 15mila gli iscritti alla mailing list gestita da Alessandro Romano, sei milioni i contatti sul sito dell'associazione, provenienti da tutto il mondo. Sono passati per i neoborbonici tanti fondatori di altri movimenti. L'associazione è ormai una realtà. Soprattutto al nord, i neoborbonici sono bollati come passato, reazione. Certo, a volte c'è stata qualche caduta di stile, ma probabilmente il "marchio d'infamia" da giudizio negativo fa comodo a chi vuole difendere poteri accademici e, a volte, clientele politiche. Sono i soliti limiti del nostro Paese, che non sa confrontarsi sulla sua storia con serenità. Chissà perchè. 
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