Aldo Balestra
Diritto & Rovescio
di

Dare a Cesare
l'onore delle armi

Cesare Prandelli quando era commissario tecnico della Nazionale Italiana
Cesare Prandelli quando era commissario tecnico della Nazionale Italiana
di Aldo Balestra
Martedì 23 Marzo 2021, 22:42 - Ultimo agg. 24 Marzo, 14:25
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««Prandelli: assurdo disagio, lascio per rispetto Fiorentina» (Ansa, 23.03.21, ore 14.20)
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Date a Cesare, ora e qui, quel che è di Cesare: l'onore delle armi. L'onore che si deve a chi si dichiara sconfitto (per ora sì, ma per sempre?) in una tenzone continua e senza sconti, quella del calcio cinico e baro. Sembrava dovesse essere una bella favola il suo ritorno sulla panchina della Fiorentina. Ed invece è finita con l'addio di Cesare Prandelli, la sua firma in calce ad una lettera: «In questo momento della mia vita mi trovo in un assurdo disagio che non mi permette di essere ciò che sono - scrive l'ormai ex tecnico viola -. Sono consapevole che la mia carriera di allenatore possa finire qui, ma non ho rimpianti».

Troppi stress, troppe tensioni. E tanta onestà intellettuale in chi, nei momenti importanti, ha sempre avuto davanti a sè, ben chiara, quale fosse la reale scala dei valori. Come quando, nel 2004, lasciò la panchina della Roma per assistere la moglie gravemente ammalata ed assisterla fino alla morte. O come quando, al Mondiale del 2014, dopo la sconfitta con l'Uruguay e l'eliminazione choc dell'Italia, lasciò il ruolo di Commissario Tecnico.

Prandelli, man mano che passavano i giorni sulla panchina della Viola, ha fatto i conti con un crescendo di emozioni, sopraffazioni, arroganze, persino malori, ma soprattutto con l'incapacità di reggere alle pressioni psicologiche di un mondo diventato sempre più feroce, che nulla perdona e vede il male anche dove non c'è.

E, se non sei al massimo della condizione psicologica, rischi di essere travolto. «In questi mesi - scrive ancora Prandelli - è cresciuta dentro di me un'ombra, che ha cambiato anche il mio modo di vedere le cose. Sono venuto a Firenze per dare il 100%, ma appena ho avuto la sensazione che questo non fosse più possibile, per il bene di tutti ho deciso questo mio passo indietro».

Ciò che va considerato e apprezzato, dell'uomo Prandelli, è la sua razionale onestà. Avrebbe potuto tirare a campare, proseguire, magari farsi cacciare in caso di flop e intascare l'ingaggio, ma ha fatto i conti con il suo equilibrio psicologico, la sua visione della vita ...ad un certo punto di una vita che è stata una normalissima alternanza di gioie e grandi dolori.

Insomma, una persona vera in mezzo a tanti figurini di plastica, tutti spot, procuratori, tv e pubblicità. Magari Cesare non passerà alla storia come uno dei migliori e vincenti allenatori italiani, ma uomo di cifra superiore, certamente sì. E poi mai dire mai: magari Prandelli tornerà a fare calcio tra un po', con meno pressioni, lavorando sui giovani, sulla crescita, sui valori, sugli obiettivi, sui traguardi da raggiungere alla distanza. In fondo, non è che bisogna stare sempre in prima fila, vincenti e smaniosi di esserlo, per essere qualcuno.
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«Essere completamente onesti con sé stessi è un buon esercizio» (Sigmund Freud, Le origini della psicoanalisi)

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