Aldo Balestra
Diritto & Rovescio

Mesut e la mano di Irmak
il dolore per sempre

Mesut Hancer tiene la mano della figlia Irmak, 15 anni, morta nel terremoto in Turchia
Mesut Hancer tiene la mano della figlia Irmak, 15 anni, morta nel terremoto in Turchia
Aldo Balestradi Aldo Balestra
Sabato 11 Febbraio 2023, 00:15 - Ultimo agg. 4 Marzo, 21:00
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«Sisma Turchia-Siria: bilancio sale a oltre 23mila morti» (Ansa, 10 febbraio 2023, ore 19.05)
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E' che questa foto ti scorre davanti, al lavoro: una-dieci-cento volte in pochi giorni. Inesorabile, sfila sul rullo dell'orrore che da lunedì catapulta sugli schermi le immagini di morte e distruzione provocati dal sisma che ha colpito il sud-est della Turchia e il nord della Siria. Una catastrofe umanitaria, che ha cancellato intere aree, ingoiando uomini, donne, bambini, animali, buttando giù come castelli di sabbia anche i palazzi moderni dell'edilizia popolare, con poco ferro e chissà cosa impastato con il cemento.

Guardi le foto, vedi le immagini in tv, con quei  volti della paura. Povera gente che ha perso tutto, istantanee e frame che da giorni fanno a cazzotti con quelle di cantanti e lustrini, polemiche e fiori distrutti aal festival. E mettici dentro ciò che accade in Ucraina, guerra dentro l'Europa, con la quale conviviamo da un anno eppure rischiamo di attenuare pian piano l'impatto e l'indignazione. Chiamasi assuefazione.

Ma questa foto no, non è come le altre. La guardi e cerchi, come un automa, di incrociare lo sguardo di questo'uomo seduto sulle macerie della sua casa. Cerchi di saperne in più, inizi a scavare tra le agenzie di stampa per un riferimento a questo fagotto d'uomo chiuso nel suo giubbotto, datogli da qualche soccorritore per difendersi dal freddo. Si chiama Mesut Hancer, l'uomo dallo sguardo che non guarda: ha perso tutto, ma proprio tutto, nel crollo della sua casa di Kahramanmaras. Troppo forte quel serpente sotterraneo di magnitudo 7.8 che strisciava nel sottosuolo, troppo debole la sua casa, diventata tomba per la sua famiglia. Lui s'è salvato, ma che gli importa? Ha perso tutto e Irmak, la figlia quindicenne, è morta. E quanto deve essere terribile averne individuato il corpo, una mano diventata subito di marmo nel gelo turco.

Mesut avrà pensato che un aiuto poteva comunque darlo, alla sua piccolina. Non lasciandola più, tenendole ancora la mano con dolcezza. Irmak dormiva nel suo letto, ed ora il materasso quasi sovrasta il suo cadavere, insieme a lastre di cemento che l'avvolgono come in un sudario impossibile da sciogliere e sollevare. No, Mesut non poteva lasciare Irmak da sola. Ha voluto trasmettere un minimo di calore e pietà al corpicino della figlioletta, e che importa più tutt'intorno e tutto il resto, conta solo che arrivi una ruspa a liberare Irmak.

E' che chi ha vissuto un sisma, come quello che dell'80 in Campania e Lucania, sa quanta paura metta ogni scossa. E sa di essersela cavata, 43 anni fa, e che ogni volta che torna un terremoto ritorna la paura che possa crollare tutto intorno a te, seppellendo te e i tuoi affetti, i tuoi beni, è il destino a decidere se vivi o muori, a seconda di dove ti trovi, cosa fai in quel momento.

Brutti pensieri, inevitabili a così pochi giorni dal dramma turco-siriano, che non possono essere rimossi facilmente. Non qui, non ora. Il terremoto, come la guerra, sono qualcosa che solitamente guardi in tv senza “occupartene” o, peggio, dimenticandotene presto, perché tanto stavolta non ti riguarda da vicino. Epperò pensare a come in una notte tutto potrebbe cambiare, come è cambiato per Mesut e decine di migliaia di persone, stavolta in Turchia e Siria, forse potrebbe farci migliori nella vita di ogni giorno. Comprendendo quanto siamo fortunati a sfuggire alla legge della terra, del mare, della natura, del cielo. Rispettando questi beni. Apprezzando ciò che ci appare scontato, sempre e comunque.
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«...date al dolor parola; il dolor che non parla va fremendo nel cor, fin che lo spezza» (Shakspeare, Macbeth)

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