Banality Zadie

Venerdì 27 Giugno 2014, 14:23 - Ultimo agg. 19 Marzo, 09:28
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Zadie Smith ha la forza di annoiare dopo quattro righe ma continua ad avere un credito inspiegabile, pur bordeggiando il bluff ad ogni capoverso. “The Independent” (ripreso da “La Repubblica”) le chiede dove nascono le storie, e lei – abusando dell’aggettivo possessivo “mio” – risponde con: le favole mi aiutano a scrivere. Perché ovviamente da quando è madre è tutto diverso «tre storie lette ad alta voce a un bambino di quattro anni, ogni sera, pena la morte», ti cambiano la vita e la scrittura, e che belle le favole, però è difficile essere credibili con i bambini, anche se sembra facile, e altre banalità. Morale: nessuna risposta, che potrebbe anche essere una tesi accettabile, i problemi sono nel tono e nel bluff anche questa volta. Zadie Smith non è una scrittrice è un marchio. Letto – “Denti bianchi”, si capisce che è solo apparenza, funziona(va): bella, in armonia col mondo (con isteria), una sorta di Obama al femminile, arriva prima l’immagine, il carico dell’evento e poi l’assenza. Che si  manifesta in tutte le cose che scrive. «Voglio trovare un compromesso tra il raccontare storie sulla vita e viverla bene». Chi non vuole? 
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