Gimmick

Venerdì 22 Maggio 2015, 11:03
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L’impressione è sempre la stessa per ogni premio o fiera del libro: si intuisce che gli scrittori italiani sono figli del wrestling. E non nel senso della finta lotta tra loro – anche se con una tecnica lodevole che ancora inganna molta gente – no, proprio nella rappresentazione di sé. Anche quello che si rap-presenta solo col costume e gli stivali ha comunque un personaggio da recitare, raccontando sempre la stessa storia, avendo dalla sua un tema musicale e una casella da coprire, fino all’ascesa o rappresentazione massima: quella dell’uomo mascherato. Come scompare la lotta nel wrestling lasciando spazio allo spettacolo, così scompare la scrittura, lasciando spazio alla rappresentazione dello scrittore. E nell’inganno c’è la perdita, nella mascherata c’è la sconfitta, nella recita c’è il pantano. L’ultimo arrivo sono i registi che non solo scrivono e girano brutti film ma ora scrivono anche bruttissimi romanzi, e, sotto, il pubblico bambino si compiace della finzione e del cattivo spettacolo, mentre la boxe muore. 




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