Il meraviglioso uso di Philip Roth

Venerdì 8 Marzo 2013, 15:34 - Ultimo agg. 19 Marzo, 09:07
1 Minuto di Lettura
Fino all’annuncio del suo ritiro, venivano pubblicati almeno due pezzi a settimana su Philip Roth, con fotine post intervista di quelli che andavano a trovarlo e lo toccavano, provandone l’esistenza agli altri, un po’ come Freud che non credeva alla Grecia fino a che non vide il Partenone, capendo che sì, era tutto vero, scrivendolo al fratello. Poi apro il “Financial Times” (Magazine) e scopro il meraviglioso uso di Philip Roth, da parte di Simon Kuper, che tira giù un pezzo che in un attimo brucia tutti gli articoli di cultura italiani di un anno (di cui più della metà su Roth). Come? Kuper mette in connessione la biografia “Io, Ibra” (Rizzoli) di Zlatan Ibravimovic scritta con David Lagercrantzcon il “Lamento di Portnoy” (Einaudi) e usa i due ghetti: quello di Ibra e quello di Alex Portnoy, e le due famiglie, scovando situazioni simili, e persino impressioni, e riesce nel finale ad arrivare a un altro personaggio: «lo svedese» di “Pastorale americana” che eccelleva in tre sport. Una lezione di modernità, connessioni e soprattutto impiego della grandezza di Philip Roth senza feticismo. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA