Il metodo Vonnegut

Venerdì 26 Luglio 2013, 14:18 - Ultimo agg. 19 Marzo, 09:15
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Alla celebrazione dell'Unterberger Poetry Center alla 92Y di Manhattan, si incontrano Salman Rushdie, Martin Amis e Ian McEwan, per raccontarsi. E a parte l'amarcord, i commenti sui propri libri, molto compiacimento, battute e retroscena, a un certo punto, McEwan ha detto la frase che da sola valeva la serata: "La fiction è una forma superiore di vita, nel senso che è una forma superiore della verità. Solo inventando la capisci". Rushdie ha aggiunto, con molto ego: "Io ho scritto in Joseph Anton che la ficiotn è una forma di libertà e verità", e Amis: "Scrivere è libertà. Mi ribolle il sangue, quando penso ai grandi autori di talento dell'Urss tipo Majakovskij o Esenin, che furono intrappolati nella realtà. Si tolsero la vita, perché quando uno scrittore deve scendere a compromesso con la sua libertà di inventare, il suicidio diventa l'unica via d'uscita". Oggi, invece, il compromesso è l'unico talento riconosciuto a uno scrittore e per fiction, in Italia, non intendiamo una forma superiore come accade nel romanzo americano, ma un sottoprodotto culturale. Così, tra soap e reality le grandi case editrici si sono dimenticate del metodo Vonnegut praticato da Stefano Benni. Se ne è dimenticato anche lui. 
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