È stata ed è una via di fuga per tutti quelli che si mettono a scrivere nel continente Latinoamericano. Diceva di amare le donne – locas – fuori dal comune odiando le convenzionali e le borghesi. Affermava d’essere stato felice solo 48 ore nella vita, più delle 24 del suo Brausen, e forse meno di quelle non conteggiate da Kurt Cobain. Sapeva che tutto ha una Waterloo, e per questo in ogni libro si interrogava sulle curve della vita – non si scrive con la biografia ma con quello che ha segnato la biografia –, sul togliere e l’avere, sul conquistare e perdere, finendo sempre in un vicolo cieco, uno di quelli amati da un suo figlioccio: Roberto Bolaño. Era un dispari, Juan Carlos Onetti, il cielo nuvoloso che sta tra Buenos Aires e Montevideo: una prosa elastica e irraggiungibile, vetta da scalare per gli scrittori venuti dopo. Ogni suo romanzo è una lezione di vita e scrittura. Ora Sur ripubblica “Il cantiere” (tradotto da Ilide Carmignani) e “La vita breve” (tradotto da Gina Maneri) perfetti per scoprire Onetti o per avere conferme della sua unicità.
Juan Carlos Onetti, il cielo nuvoloso che sta tra Buenos Aires e Montevideo
Lunedì 12 Aprile 2021, 23:48
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