L'oro (dimenticato) di Napoli

Venerdì 9 Agosto 2013, 11:23 - Ultimo agg. 19 Marzo, 09:16
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Aveva la faccia stropicciata da Marlowe, e no non era uno regolare, Giuseppe Marotta, che fu molte cose: letturista del gas, giornalista, scrittore, poeta, sceneggiatore, commediografo e critico cinematografico. Ha insegnato a Napoli a guardarsi dentro, e ridere, all’Italia a capire Napoli che è sempre stata un corpo estraneo, e aveva dovuto starle lontano, emigrante a Milano (dove non fa freddo). Ha persino dato un nome a un gruppo musicale, lui che a un premio letterario avrebbe preferito il Festival della canzone napoletana. Il 12 ottobre saranno cinquanta anni dalla sua morte, e prima che il Comune, la Provincia, la Regione prendano il fatto come una accusa, c’è il tempo per ricordarsi di lui. Che - per delle strane ragioni - ha pigliato una piega da oblio. Marotta ha avuto una vita americana, fatta di scene diverse e distanti, per dire: fossi un dirigente di una azienda del Gas userei la sua storia per far sognare e far lavorare meglio i miei impiegati. Marotta è quello che ha scritto “L’oro di Napoli”, che si è fatto titolo milioni di volte e pure stato d’animo e rimpianto, per questo dedico un pernacchio, uno solo e “maschio”, a tutti quelli che l’hanno scordato.  
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