Le omissioni

Le omissioni
Mercoledì 11 Novembre 2020, 18:49
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Una fuga nasconde sempre qualcosa di non detto, per tempo, colpa o ideali. È anche un silenzio inaspettato, sia per chi fugge che per chi rimane. A volte è un errore, altre una vigliaccheria, altre ancora una possibilità: l’ultima o la penultima. In questo caso sembra una caratteristica familiare, almeno così l’ha vista Emiliano Monge, scrittore messicano, ne “Le omissioni” (La Nuova Frontiera), un librone che ha radici pirandelliane. Tre uomini, tre fughe diverse, cento conversazioni e diari, confronti, riscritture, voci e indagini per capire come mai nonno, padre e figlio hanno questo vento dentro che li spinge lontano. È un libro ambizioso, una indagine/zibaldone, che nel cercare risposte porta in fuga anche il lettore. Monge attraversa l’ideologia e la paura, i salti di vita e quelli di morte, per cercare una risposta plausibile, con una scrittura cruda e per questo immediata. Parte dal quotidiano: “Ogni buon sentimento, se lo stuzzichi tutti i giorni con la convivenza, si trasforma in rabbia o risentimento”, e arriva all’universale: “per essere, bisogna prima essere partiti, andati da se stessi, aver lasciato tutto”.

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