Russo, poeta guappo

Russo, poeta guappo
Lunedì 30 Gennaio 2017, 10:35
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La sera del 30 gennaio 1927 nella sua casa a via Cagnazzi tra Capodimonte e il Museo Nazionale: morì Ferdinando Russo. Era il Cyrano de Bergerac napoletano, poeta e spadaccino a suo modo, giornalista e soprattutto uomo libero. Su questo giornale apparvero molte delle sue poesie, e dietro il suo feretro c’era tutta Napoli, in un funerale che divenne una processione, con i librai ed editori napoletani che rimasero chiusi per lutto – un gesto oggi impensabile –; con lui se ne andava una parte del carattere della città, una voce sincera e dispari che aveva inventato molte delle parole che ancora si usano: da “scugnizzi” a “macchietta”. Era il coraggio della città e l’unione tra le tante Napoli, un uomo singolarissimo amato da D’Annunzio e vissuto con sofferenza da Di Giacomo – che alla fine pure ne ammise la grandezza. Tutto questo è raccontato in un libro ormai introvabile che andrebbe ristampato: “Il libro napoletano dei morti” di Francesco Palmieri, fossi un editore lo ristamperei per i 90 anni della morte di Russo.  
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