Salone sì, Salone no, la terra dei cachi

Salone sì, Salone no, la terra dei cachi
Venerdì 29 Luglio 2016, 09:17
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Il salone del libro passa da Torino a Milano, come se il cambio di città potesse invertire l’assenza culturale o dare una nuova possibilità a una fiera che non è mai diventata quella di Francoforte. Sui giornali: piccoli medi e grandi editori si sfidano, polemizzando tra loro, e riuscendo ad annoiare i lettori fin dalle prime righe, quasi più di come avevano fatto al salone del libro: consegnato allo spettacolo e sottratto ai libri. Confermando che il condominio rimane la cifra culturale dell’editoria italiana. Leggendoli, viene da augurarsi che Amazon s’inventi un grande salone alternativo, magari in un posto di provincia, da dove sono venute tutte le grandi novità culturali del nostro paese. Perché il punto è un altro, non la città dove si debba tenere il salone, ma, piuttosto, l’assenza di un progetto culturale, l’iperproduzione di libri inutili e conformi senza più spazio per la vera sperimentazione, l’aver creato lettori bassi al punto di essere spaventati non tanto dalla sintassi di Gadda o Busi, quanto già dai loro titoli. 
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