Shall we withdraw our love?

Venerdì 12 Aprile 2013, 20:57 - Ultimo agg. 19 Marzo, 09:09
1 Minuto di Lettura
A “quattro etti d’amore” preferisco “il candore delle cornacchie”. Sono due romanzi, nel primo la vita è impacchettata e venduta al supermercato nel secondo è sporca e sta in carcere. Del primo (nonostante il titolo) vedo pubblicità sui giornali, booktrailer con attori in maglione a collo alto e attrici che recitano male: la donna frustrata ma migliore. Il secondo è accompagnato da indignazione o peggio derisione. Il primo l’ha scritto Chiara Gamberale, ed è l’ennesimo libro senza mondo né lingua, il secondo l’ha scritto Totò Cuffaro ed ha un mondo e quasi una lingua. A parte che fin dal titolo Cuffaro batte Gamberale, per poi vincere nel racconto della realtà. Ho usato la Gamberale ma potevo prendere altri titoli a caso del maggior editore italiano, e Cuffaro (al netto dei suoi errori, delle sue colpe: che sta pagando) avrebbe staccato molti, ed è la dimostrazione che una vita sofferta prevale (letterariamente) su una annoiata (si veda McEwan su Thatcher). Per questo ha tutto il diritto di concorrere al Premio Strega senza essere insultato, quanto ne ha la Gamberale di chiamare un libro: “quattro etti d’amore, grazie” (che sembra il libro scritto da un'anoressica in analisi dal salumiere) senza apparire ridicola. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA