Servono invece scrittori come J. Rodolfo Wilcock, uno che ai festival non andava, i premi non li prendeva, ma scriveva libri dispari, prove che il romanzo non è morto (e su questo ci giocava molto) oltre che c’è vita fuori dalle classifiche del venduto, dai premi e dai festival. Il mercato non è giudizio è solo paesaggio (culturale). La scrittura è reinvenzione dell’universo e per dirla con Wilcock è Lewis Carroll, capace di concepire a ottant'anni, «la vita alla stregua di un dialogo tra una tartaruga e un termometro».
Sinagoga degli iconoclasti
Lunedì 25 Febbraio 2013, 14:38
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Bisognerebbe organizzare dei festival della letteratura per scrittori che hanno smesso di scrivere, o dei festival che durino una volta sola, o anche dei festival senza ospiti vivi, o dei festival per parlare del domani: dei libri e dei pensieri che si faranno o anche no, un festival dove non contano i titoli e la fama, dove chi è stato in tv non può andare e chi è stato a un solo altro festival non può essere invitato. Perché il panorama di quelli che stanno in piedi da anni è circo e macerie (con rispetto per circo e macerie), e faranno anche registrare cifre da stadio – saranno contenti quelli che devono compilare le schede di preferenza – ma rimane il fatto che non stupiscono, sono fatti per confermare (classifiche e non qualità), e quindi a cosa servono?
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