Tutti i nostri corpi

Tutti i nostri corpi
Giovedì 21 Maggio 2020, 12:58
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Sembrano fughe, i brevissimi capovolgimenti che scrive Georgi Gospodinov in “Tutti i nostri corpi” (Voland, traduzione di Giuseppe Dell’Agata). Centotre piccoli racconti di una due pagine, a volte di uno o due righi, che ribaltano il mondo o lo inchiodano: a un dubbio, a una certezza, a una domanda. Alcuni contengono l’origine di un romanzo e denunciano una pigrizia o forse paura di rovinare un’idea così bella; Gospodinov e le sue storie evocano l’assurdo, a volte l’iperrealtà, dondolandosi tra gli estremi. Sono scritti da incisore, non una parola di meno né una di più, hanno tutti il giusto peso, e lasciano intravedere l’ironia – enorme – che li ha generati o talvolta la disperazione di aver raggiunto o perduto un traguardo. Lo scrittore bulgaro rivela il suo debito con Daniil Charms, Augusto Monterroso e Jorge Luis Borges, alimentandone il ricordo e tenendo il passo: dentro le sue pagine c’è il paradosso e l’alta filosofia masticata e restituita, i pensieri semplici davanti ai monumenti o ai papiri, e poi tutto il vivere di lato, non conforme, che fa di lui un grande scrittore dispari. 
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