Fondere, rifondere, rifondare

Mercoledì 3 Settembre 2014, 12:45
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C'è una faccenda puramente nominalista nel nuovo corso del Pd che inquieta. Prima la "rottamazione", ora la "fonderia" napoletana. Prese da sole le due parole potrebbero essere pure innocue, ma in sequenza assumono una sfumatura mefistofelica: pezzi di metallo, di macchine, ridotti a lava. E, in aggiunta, conservano una patina di socialismo reale: braccia muscolose che danno martellate sugli incudini. Sicuramente gli addetti al marketing del Pd, quando hanno pensato a queste parole, avevano altre intenzioni, inseguivano altre suggestioni. Magari avevano nostalgia della classe operaia e non si accontentavo parole già troppo logorate come, mettiamo, "officina" oppure "laboratorio" o qualunque altro richiamo che alludesse a un pensiero costruttivo e non solo distruttivo. Magari volevano suggerire che sarebbe ora di fondere davvero le varie anime del Pd che solo con il renzismo diffuso sembra avere trovato una fragile compattezza, forse solo di facciata. Sarà, ma resta il nome. E come scriveva il benedettino che ha ispirato Umberto Eco "nomina nuda tenumus". Alla fine possediamo solo i nudi nomi.
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