Pietro Treccagnoli
L'Arcinapoletano
di

Napoli Dolce, ma mai Gabbata

Napoli Dolce, ma mai Gabbata
di Pietro Treccagnoli
Giovedì 7 Luglio 2016, 20:55 - Ultimo agg. 21:05
3 Minuti di Lettura
A Napoli ogni occasione è buona per dividersi in opposte tifoserie. Persino un evento che potrebbe mettere d'accordo tutti e passare in cavalleria, come normale amministrazione è motivo per scatenare la caciara dei social, con inquisitori pronti a innalzare la gogna sulla quale giustiziare gli avversari.

Da stasera è cominciata la festa per i trent'anni del marchio Dolce&Gabbana che la coppia di stilisti ha voluto celebrare per le vie, le piazze, i castelli, le ville, gli alberghi e i bagni di Napoli. C'è chi si è esaltato come se solo adesso ci rendessimo conto della bellezza di Napoli, bellezza a tratti ferita, ma pur sempre grande bellezza. Altri hanno storto la bocca, puntando il dito sul caos delle strade bloccate, chiuse in alcuni giorni alla circolazione persino pedonale, come se il caos a Napoli non avesse cittadinanza e non fosse la quotidianità alla quale abbiamo fatto il callo.

I sostenitori della griffe stanno celebrando l'arrivo come se si trattasse dell'arrivo di due Re Magi fuori stagione e sono da settimane alla disperata ricerca di un biglietto, di un pass, di un ingresso per imbucarsi nel jet set che, a quanto pare, è stato solo annunciato, ma non arriverà, a parte la divina Sofia nostra che da sabato sarà pure
cittadina onoraria burocraticamenete, come se non lo fosse stata da sempre simbolicamente e sentimentalmente. I più pignoli hanno fatto un po' di conti e hanno attaccato l'Amministrazione Comunale che ha rinunciato ai 37mila euro di Cosap (la tassa per l'occupazione di suolo pubblico), atto bocciato anche dalla Ragioneria generale, in cambio dell'epico ritorno d'immagine. Un centinaio di commercianti dei Decumani sono sul piede di guerra e minacciano la serrata: per consentire l'agibilità della festa modaiola non potreanno servire clienti (napoletani e forestieri) bloccati fuori del reticolo di strade più affollato dal turismo.

Insomma siamo finiti nelle solite chiavette con accuse reciproche di provincialismo. Sarebbero provinciali coloro che s'infervorano per una festa definita addirittura cafona e sarebbeo provinciali coloro che la festa la snobbano o la osteggiano non comprendendo l'importanza di una scelta che premierebbe Napoli. Effettivamente hanno ragione entrambi, entrambi i fronti sono provinciali.

Ben vengano tutte le feste e le celebrazioni a Napoli, set meraviglioso oltre gli stereotipi che pure quando ci sono non disturbano più di tanto. Ci siamo abituati con sofferenza e malinconia. Ben venga persino la fotografia un po' logora, ma realistica, della movimentata vita dei vicoli e dei fondaci, che si affianca alle splendide manniquin sfilante come divinità contemporanee. Napoli si innamora di tutto e fa innamorare tutti. Noi, in compenso, in passato siamo stati capaci di stravedere per molto meno. La verità è che un po' ci siamo e un po' ci facciamo, dai lontani tempi in cui Nerone veniva a farsi applaudire nel teatro dell'Anticaglia perché i napoletani, a suo dire, erano gli unici intenditori di musica. Poi, davvero, abbiamo dimostrato che qualcosa ne capiamo di note, perché i nostri antenati di duemila anni fa applaudivano l'imperatore incendiario per sfottò e per sesterzi. Un po' ci siamo e un po' ci facciamo. Però sappiamo di essere un palcoscenico millenario e non prendiamo lustro dagli illustri, ma diamo lustro agli illustri. Scegliendo Napoli i due stilisti non hanno arricchito l'immagine di Napoli, ma hanno incassato e rafforzato il loro marchio. Da queste parti sappiamo essere dolci, ma non ci facciamo gabbare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA