Riccardo De Palo
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di Riccardo De Palo

Coronavirus, i drive-in riaprono in America: la pazza idea per tornare al cinema

Un nuovo drive-in a Dortmund, in Germania
Un nuovo drive-in a Dortmund, in Germania
di Riccardo De Palo
Domenica 19 Aprile 2020, 16:01 - Ultimo agg. 20 Aprile, 12:42
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In una famosa scena di Grease (1978) - che fa sorridere, a rivederla oggi - John Travolta è in macchina, al fianco di Olivia Newton-John, in attesa di vedere un film all'aperto. Gli scappa uno starnuto, e si scusa: «Sarà l'allergia». Nell'epoca in cui è ambientato il film, i drive-in erano un vero fenomeno; nel 1958, se ne contavano 4063. Oggi, ne sono rimasti soltanto 305, su tutto il territorio americano; ma l'era del coronavirus potrebbe segnare la loro rivincita.

Come idea, sembra l'uovo di Colombo: se dobbiamo mantenere un regime di distanziamento sociale, anche nel prossimo futuro, perché non organizzare nuovi drive-in cittadini (o riaprire quelli ormai chiusi da anni), per tornare a provare l'ebbrezza di andare al cinema? Con adeguate misure di protezione - vetri sigillati, distanze di sicurezza - potrebbero fornire un'alternativa accettabile (e vintage) alle sale tradizionali; e permetterebbero al mercato di cominciare a ripartire.

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Negli Stati Uniti, a causa della chiusura dei cinema dovuta alla pandemia in atto, molti di questi spazi - fino a poche settimane fa ritenuti anacronistici - stanno riaprendo, e spesso registrano il doppio dell'afflusso normale. Il Los Angeles Times cita strutture in California, Kansas, Oklahoma, Missouri, che hanno deciso di restare aperte, e sono state ripagate da un forte incremento di clienti. «È stato un sollievo per molte famiglie - ha detto Beau Bianchi, che gestisce il grande Paramount Drive-In della città degli angeli - poter lasciare per qualche ora le proprie case: qui hanno trovato un ambiente sicuro, e un po' di evasione».

Dal punto di vista legale, i drive-in rappresentano una zona grigia: le autorità sanitarie americane hanno vietato gli assembramenti di oltre cinquanta persone; ma non è chiaro se l'ordinanza debba estendersi anche a queste strutture in cui gli spettatori sono chiusi in macchine molto distanziate tra loro, in ampi parcheggi all'aperto. Doug Mercille è il proprietario dello Starlite Drive-In di Cadet, Missouri, ed è uno dei gestori che ha deciso di non chiudere. Sostiene di averne il diritto: «Qui sono tutti confinati nelle loro macchine», spiega.

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Anche in Italia si sta pensando a compromessi di questo tipo, per dare un po' di ossigeno a un mercato in grave difficoltà. Alla luce delle misure anti Covid-19, tutte le sale restano chiuse, così come i pochi drive-in superstiti. «Dobbiamo evitare la catastrofe degli esercizi cinematografici - dice il presidente dell'Anica, Francesco Rutelli - per questo dico che dobbiamo coinvolgere gli esercenti, che hanno le competenze necessarie per aprire, quando si potrà farlo, arene e drive-in». «Dobbiamo fare in modo che si torni a vedere il cinema all'aperto, con tutte le cautele e tutte le garanzie possibili di distanziamento, per far tornare la gente ad avere dei momenti di socialità, di cultura, di divertimento», precisa Rutelli. Anche i distributori ne stanno discutendo, perché probabilmente quello che vedremo «sarà anche un prodotto nuovo»; ma sui drive-in, nota il presidente dell'Anica, sembra esserci un «ritorno di attenzione verso quella che sembrava una esperienza esaurita», almeno in Italia.

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Molti si stanno già attrezzando. A Bologna, si pensa di organizzare un drive-in al posto del tradizionale cinema all'aperto in Piazza Maggiore; il direttore della Cineteca, Gian Luca Farinelli, ci sta pensando seriamente; e conferma che «si sta individuando uno spazio adatto, che non potrà essere in centro, bensì in estrema periferia». «Siamo arrivati - ricorda - a radunare settemila persone, con la versione restaurata di Apocalypse Now, e quindi serve un'area molto grande: il drive-in ci è sembrato la formula più sicura, potrebbe essere una delle soluzioni». Anche la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro sta studiando come «far svolgere la sua 56esima edizione in sicurezza», entro la stagione estiva; e il suo direttore Pedro Armocida ha ammesso si stare già pensando «a eventi come il drive-in da organizzare in zone della città adatte». Iniziative anche in tutta Europa, da Dortmund, in Germania, alla capitale lituana, Vilnius.

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Difficilmente il drive-in farà concorrenza allo streaming casalingo; ma potrebbe diventare una valvola di sfogo importante, per il pubblico e per il mercato. Basterebbe acquistare il biglietto online, allestire dei varchi elettronici e (perché no?) dare anche la possibilità agli spettatori di una consumazione.



Sarà questo il futuro (prossimo) del cinema? E pensare che tutto nacque dalla volontà di Richard Hollingshead, un ragazzo che voleva portare al cinema la propria madre sovrappeso: il suo drive-in - il primo nella storia - nacque nel 1933 in New Jersey.

In Italia, il primo fu il Metro Drive-In, inaugurato nel 1957 nel quartiere romano di Casal Palocco: all'epoca, era uno dei più grandi d'Europa. A Milano c'è invece il Bovisa Drive-In, pronto a riaprire i battenti. «In teoria - scrivono i gestori su Facebook - siamo a prova di decreto».

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