La pizza a ruota di carro dei Condurro

Domenica 22 Novembre 2015, 03:11 - Ultimo agg. 15 Gennaio, 10:46
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 È nel lavoro della famiglia Consurro che bisogna ricercare uno dei filoni che hanno fatto grande la pizza napoletana nel mondo, un mito intramontabile.
Con Luigi Condurro è scomparso uno di quegli artigiani del gusto che hanno «ammaccato» la semplicità per tutta la vita, un modello opposto a quello attuale dove tanti giovani, e non sempre bravi, pizzaioli sgomitano presentando le loro creazioni per cercare di differenziarsi, farsi notare, imboccare una scorciatoia che porti al successo personale e commerciale.
Invece Luigi Condurro, e con lui tutta la scuola che si è formata Da Michele, pizza dopo pizza, tutti i giorni per tutto l’anno, ha semplicemente fatto due tipi, la marinara e la margherita, ossia i due idealtipi a cui poi si è rifatta l’Associazione Verace Pizza Napoletana per disegnare il disciplinare Stg che ancora oggi costituisce l’unico punto di riferimento certo in questo settore. E a chi non sa, a chi chiede ancora chiedendo «Che pizza fate», la risposta è unica: «Noi facciamo la pizza». Margherita e marinara, marinara e margherita.
Un modello capace di resistere anche all’uso dell’olio di oliva perché a Napoli l’olio di semi portato dagli americani aveva marginalizzato l’uso dello strutto, il primo vero grasso usato per fare le pizze.
Questo è dunque lo stile, imitato e diffuso nel grembo di Napoli e intorno alla Ferrovia, il modello Condurro, conosciuto come «a ruota di carro», con il cornicione ben alveolato che straborda sempre dal piatto finendo sul tavolo di marmo, con la pasta ben idratata, elastica che porta al palato la fusione perfetta con il pomodoro, il latticino e la farina. 
Margherita, marinara e pizza fritta, il trittico classico da cui nasce tutto e che misura ancora oggi l’abilità dei pizzaioli e la qualità della materia prima. Tutto il resto è fuffa, come ben sapeva Luigi Condurro.
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