Luciano Pignataro
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Tutti parlano di sistema ai convegni
ma quanti sono i consorzi vivi?

Tutti parlano di sistema ai convegni ma quanti sono i consorzi vivi?
di Luciano Pignataro
Domenica 22 Gennaio 2017, 19:21 - Ultimo agg. 19:23
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Adesso vi racconto una storia.
C'era una volta Tipo, un bravo produttore italiano, anzi, meridionale, di X. Sì, avete capito bene, di X. Cambiate voi la lettera con olio, vino, pomodoro, marmellate, formaggio, pasta, trote lumache, il caffè, la pizza, la sfogliatella. Insomma, quel che vi pare. Pian pianino il nostro piccolo (ma anche no) produttore inizia ad avere successo e a diventare conosciuto oltre il proprio paesino, oltre la propria città, oltre la propria regione. Poco dopo, spunta un altro produttore di X, e poi un altro. E un altro ancora. Con il passare del tempo quelli venuti dopo propongono al primo di associarsi, si, insomma, fissare delle regole, un disciplinare. Tipo rispose che lui era il depositario del prodotto e del metodo di produzione e che tutti gli altri erano degli impostori.

Fu allora che anche gli altri cominciarono a dire che Tipo era un impostore e provarono a mettersi d'accordo fra loro escludendolo. Ma anche lì ciascuno riteneva di essere il depositario della verità. Passarono cinque, dieci, vent'anni, ma alla fine non si riuscì a fare niente nonostante l'intervento di solerti funzionari desiderosi di spendere i fondi europei per promuoverlo e distribuire fondi a studi di grafici, architetti e comunicatori improvvisati che pur non sapendo nulla di X garantivano il successo dell'azione sui media. Magari acquistando like su Facebook. Per puro caso il signor Yang, venendo dalla lontana Cina, passò per il paese di Tipo, vide il prodotto, lo assaggio, fece due conti economici e costruì una fabbrichetta portandoselo via. Si scoprì per puro caso che anche in Oregon un certo John aveva fatto lo stesso senza dire nulla a nessuno. Anzi, creando una catena di distribuzione chiamata X che lo aveva fatto diventare tra i primi dieci d'America.
E anche un certo Mohammed aveva fatto una cosa simile negli Emirati. Sui giornali locali apparvero titoli indignati: ci hanno scippato X. Tipo fu intervistato accusando il ceto politico di inefficienza. Si convocò finalmente una riunione con tutti i produttori di X ma alla fine si decise, visto che l'accordo non si trovava, di rimandare tutto all'indomani della produzione.

Ecco, più o meno, come è andata con quasi tutti i prodotti del Sud. Quasi tutti, per fortuna, perché alcune storie sono a lieto fine: quella della Pasta di Gragnano e della Mozzarella di Bufala per fortuna, pur tra alti e bassi, hanno un consorzio che funziona con un direttore vero. E anche per il Consorzio dei Vini del Sannio è andata così, tanto che ogni anno l'incremento delle vendite delle bottiglie fascettate di Falanghina e Aglianico del Taburno è del dieci per cento circa. E ancora per il Provolone del Monaco, il Pomodorino del Piennolo e il san Marzano. Ma sono storie ancora limitate, perché spesso i consorzi sono oggetto di furibonde liti per conquistare la presidenza salvo poi non fare nulla.

Basta con coloro che preferiscono vivere da poveri piuttosto che arricchirsi insieme al vicino.
 
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