Un docufilm sull'autismo
ma il progetto è in bilico

Un docufilm sull'autismo ma il progetto è in bilico
Sabato 10 Settembre 2016, 15:22 - Ultimo agg. 10 Gennaio, 22:25
4 Minuti di Lettura


Questo frame dolcissimo ritrae Elvira Sartori e suo figlio Checco. Entrambi sono protagonisti di un docufilm che rappresenta l’occasione per osservare il mondo da un’altra prospettiva: la famiglia, il bimbo al centro, non la sua malattia. Nella Giornata mondiale dedicata alla consapevolezza dell’autismo, il video è stato proiettato in anteprima a Napoli, dove è stato girato, per aiutare a capire chi è afflitto dalla sindrome comportamentale, sempre più diffusa, che si manifesta nei primi tre anni di vita.

Come? “La città adattabile”, di Giuseppe Mastrocinque e Stefano Moffa, mostra semplicemente cosa fanno ogni giorno bimbi e ragazzi al Vomero e all’Arenella coinvolti già da anni in speciali progetti che ne favoriscono lo sviluppo. Ed è il modo per dire che non si puà separare, «neppure provvisoriamente», la vita e la cura.

Il modello di intervento proposto si chiama Pass e consiste nell’adozione, scolastica e sociale, del bimbo o ragazzo speciale. In pratica, l'assistenza avviene con programmi specifici nei luoghi di residenza, partendo dal principio che autonomia non significa fare tutto da soli, ma saper collaborare, domandare e consentire ai disabili di orientarsi anche per le strade e nei negozi con forme di sostegno diffuso. Parlando con i commercianti, i genitori cercano di trovare delle modalità migliori affinché il figlio possa sentirsi tranquillo in mezzo agli altri. Al cinema “Vittoria”, ad esempio, questo accade per ogni film di animazione che viene proiettato con particolari accorgimenti. 

L’esperienza positiva è così diventata manifesto, e per favorire percorsi di inclusione è stato creato uno spazio, chiamato “Social club”, il primo messo a disposizione dalla Asl di Napoli, ma le attività rischiano di fermarsi. Per scongiurarlo, il comitato dei genitori Napoli per l’Autismo ha promosso una petizione e già raccolto 114 firme. Portavoce: Claudia Milone, madre di un bimbo di 5 anni, ha scritto una lettera aperta che riassume quanto fatto finora e i timori di una regressione.

---
La lettera

«Mi chiamo Claudia Milone, sono la mamma di un bimbo di 5 anni, e vi scrivo a nome del comitato dei genitori Napoli per l’Autismo che ha raccolto 114 firme in calce a questa lettera appello. Da anni, come genitori di bambini speciali, combattiamo nei quartieri Vomero e Arenella una battaglia di revisione culturale sulla disabilità intellettiva, sostenuti dall'Asl Napoli 1 Centro - e in particolare dalla Neuropsichiatria Infantile, attraverso il proprio personale sanitario - per migliorare la qualità della vita dei nostri figli e delle famiglie tutte. Indubbiamente, il momento più significativo è stato l’inaugurazione del "Social Club" di via Morghen 84: un appartamento messo a disposizione dall'azienda sanitaria affinché i circa 100 ragazzi autistici della zona vi trovassero un punto di partenza per intraprendere, con l’assistenza di operatori specializzati, percorsi di autonomia. Una vera rivoluzione, di cui l’Istituzione si è fatta pioniera: la disabilità ha cessato, finalmente, di essere unicamente “riabilitata” per venire abilitata a una diversa normalità. Il Social Club è divenuto il luogo in cui abbiamo cominciato a riunirci e a progettare il futuro di bambini e ragazzi.

Poi è successo l’imprevedibile. Da un giorno all’altro, il simbolo e l’obiettivo insieme di tutti i nostri sforzi ci è stato tolto perché, in forza di un provvedimento del direttore del distretto sanitario 27, in quegli stessi locali devono essere trasferiti gli ambulatori della neuropsichiatria infantile.

Ci chiediamo quali gravi necessità possono giustificare una decisione così penalizzante per bambini e ragazzi disabili e per le loro famiglie (centinaia di persone!). Pensiamo, tuttavia, che queste esigenze potrebbero e dovrebbero essere riviste e contemperate con la nostra. Non sarà sfuggito al direttore che con un colpo di spugna ha vanificato il senso delle battaglie che ostinatamente e pervicacemente portiamo avanti da anni.

I locali di via Morghen 84 non sono idonei a un uso promiscuo: se devono ospitare gli ambulatori, non possono essere adoperati per le finalità del Social, e questo non perché non vogliamo ma semplicemente perché, da oggi, non si può. Dunque, dovremo rinunciare al Social Club, ad un progetto di vita per i nostri figli e per noi familiari. Dobbiamo tornare indietro, piegarci nuovamente all’idea della disabilità finalizzata alla sola riabilitazione e mai alla inclusione sociale. Isolando la Neuropsichiatria infantile dagli altri contesti ambulatoriali, la scelta, di fatto, si potrebbe tradurre in un ritorno al passato, con il distacco dei malati dalle persone e viceversa. Ma, a parer nostro, la cosa più grave è che ci siamo visti privati del sostegno della azienda sanitaria. Per anni abbiamo combattuto battaglie fianco a fianco e, in tempi recentissimi, abbiamo festeggiato l’inaugurazione del Social Club.

Oggi quella stessa Azienda sembra, non solo, voler segnare una frattura con le proprie politiche ma, attraverso una decisione, a dire poco insensibile ai progressi che abbiamo conseguito, pare catapultarci all’epoca in cui Basaglia aveva icasticamente segnalato l'irrecuperabilità del malato è spesso implicita nella natura del luogo che lo ospita».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA