Maria Pirro
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Noduli alla tiroide, tecnica nuova all'ospedale del Mare di Napoli: via alla sperimentazione

Cinque pazienti operati e altri dieci selezionati: trattamento non invasivo, ma anche tutte le altre soluzioni sono praticate, quando necessarie

Stefano Spiezia
Stefano Spiezia
Maria Pirrodi Maria Pirro
Sabato 13 Maggio 2023, 19:00 - Ultimo agg. 19:02
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Cinque pazienti operati e altri dieci selezionati, un trattamento non invasivo, dodici mesi per verificare i risultati. Sono le coordinate della sperimentazione, la prima e al momento l'unica al mondo, avviata all'ospedale del Mare di Napoli per procedere all'ablazione dei noduli alla tiroide ma senza utilizzare il calore, come alternativa alla chirurgia. «Sfruttando una tecnica che funziona già per altre neoplasie come quelle al pancreas o il melanoma», dice il primario-pioniere Stefano Spiezia, che collabora con il chirurgo Ralph Tufano Chair, docente della Università di Sarasota in Florida.


Il chirurgo endocrino spiega in cosa consiste l'intervento eseguito in anestesia locale anziché generale: «Attraverso scariche elettriche regolate, si determina un'apertura definitiva dei pori per consentire la fuoriuscita del contenuto della cellula malata che, solo nella zona trattata, va incontro alla morte». Determinando così la scomparsa dei noduli, «in maniera progressiva e graduale, senza causare né cicatrici né lesioni eventuali ai nervi o possibili problemi alle corde vocali». Completato l'esame istologico, comincia adesso, fino ad aprile 2024, la valutazione della riduzione del volume dei noduli nella ghiandola a forma di farfalla che con la produzione di ormoni regola importanti funzioni metaboliche. «Non rimuovere la tiroide evita di dover assumere una terapia sostitutiva per tutta la vita», chiarisce il medico. Con Spiezia collaborano come sperimentatori allo studio di fase 1 i colleghi Giovanni Antonelli, Claudia Misso, Chiara Offi e il team del reparto di chirurgia endocrina, dal caposala con gli infermieri agli anestesisti. E, in base ai riscontri attesi, è facile prevedere che la procedura già quest'anno sia estesa ad altri casi clinici. «Appare indicata per quei pazienti che sono affetti da una patologia nodulare benigna e lamentano diversi sintomi, dall'oppressione al collo alle difficoltà alla deglutizione, e hanno un gozzo evidente».


Ma il progetto "Save Your Thyroid", sostenuto dal manager dell'Asl di Napoli Ciro Verdoliva, è più ampio e punta a coinvolgere tutti i cittadini nel programma di prevenzione, ricordando, ad esempio, l'importanza di consumare a tavola sale iodato, un micronutriente essenziale contenuto nei crostacei, nei pesci e nelle alghe, il cui fabbisogno giornaliero è di almeno 150 microgrammi al giorno.

Tra i colleghi in camice bianco, l'obiettivo è invece favorire la formazione promossa dalla Siumb, principale società scientifica italiana nell'ambito dell'ecografia e dell'eco-interventistica. «La patologia alla tiroide - sostiene l'esperto - resta molto diffusa, un nodulo viene riscontrato spesso; fortunatamente, l'incidenza delle neoplasie è bassa, anche se non trascurabile, e la prognosi molto buona dopo l'operazione in ospedali con alto volume di attività e tecnologie di avanguardia».


Dall'ipotiroidismo all'ipertiroidismo, per arrivare alla diagnosi, gli esami ormonali ed ecografici dunque sono fondamentali. «Si procede con l'ecocolordoppler e l'agoaspirato ecoguidato del nodulo e l'indagine citologica. E poi, alle analisi genetiche molecolari, se occorre», afferma Chiara Graziadio, specialista in Endocrinologia e malattie del metabolismo, dirigente medico nel team guidato da Anna Maria Colao al Policlinico Federico II, che ha percorsi dedicati per i pazienti affetti da malattie rare come la "Men" di tipo 1 e 2 (neoplasie endocrine multiple), e sostiene programmi mirati per una corretta alimentazione. «Fondamentale sull'attività della tiroide, per questo il nutrizionista e l'endocrinologo lavorano insieme», fa notare Graziadio. «Rilevare segni precoci permette di predisporre il trattamento più indicato: grossi tumori della tiroide sia benigni che maligni richiedono, altrimenti, tecniche più invasive per una terapia efficace», aggiunge Spiezia.


La termoablazione nella maggioranza dei casi oggi resta la soluzione migliore perché consente di tornare a casa a distanza di due ore: praticata in anestesia locale con un ago sottile, è associata al laser, alla radiofrequenza o alle micro-onde. Tra le ultime tecnologie, c'è la "nano pulse" che permette di lavorare a distanza ravvicinata da strutture delicate, nervose e vascolari, pure in fase di sperimentazione: «Sempre all'ospedale del Mare», dice soddisfatto Spiezia.

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