Maria Pirro
Prontosoccorso
di

«Si diventa grandi
con un libro»

«Si diventa grandi con un libro»
di Maria Pirro
Lunedì 3 Ottobre 2016, 15:46 - Ultimo agg. 10 Gennaio, 22:16
5 Minuti di Lettura
Il bimbo apprende, e tanto, quando la mamma parla: sin dal pancione, ascoltandone la voce e, una volta fuori, le sue sinapsi (ossia le reti tra neuroni) così si attivano e si rafforzano, creando una memoria funzionale e una capacità di apprendimento ulteriore. «Meno vocaboli si ascoltano da piccoli, meno se ne conoscono da adulti», sintetizza Gianfranco Mazzarella, pediatra responsabile del programma “OkKio alla salute” in Campania, che indirizza questo messaggio ai genitori, ma anche ai pediatri e a agli operatori dei nidi e delle scuole d’infanzia tramite le azioni promosse nel piano regionale di prevenzione. 

Non solo. In particolare, la lettura ad alta voce dei genitori rappresenta un formidabile strumento per migliorare la salute del bebè, favorirne lo sviluppo, ridurre le diseguaglianze sociali e, per dare questi risultati, decisive sono le attenzioni prestate nei primi mille giorni. «I risultati sono dimostrati da studi scientifici internazionali sin dagli anni Novanta», interviene la referente regionale del programma Nati per leggere, Stefania Manetti, pediatra che chiarisce che «non ci sono differenze nell'approccio tra maschietti e femminucce, ma si agisce su tutta la famiglia, senza distinzioni».

Si comincia da 1 o 2 mesi (ma anche prima) con ninna nanna e filastrocche, cantate o raccontate: la ripetizione dei suoni in questa fase è un elemento chiave. Poi, tra i 6 e i 9 mesi, fotografie e immagini diventano gli elementi centrali: «Il bimbo può iniziare a riconoscere le espressioni, e i libri con volti e figure sono particolarmente indicati. Almeno fino ai dodici mesi, i volumi da proporre sono quelli resistenti, atossici, con pagine grosse, colori vivaci e oggetti familiari o figure di bambini», interviene Tiziana Cristiani, l’altra referente regionale di Nati per Leggere. Attenzione, però: «Per essere comprese le figure non devono essere stilizzate, e il più possibile verosimili. Solo così il bambino “registra” la realtà e impara a riconoscere un orsetto rosa, un lupo blu o una rana rossa». A nove mesi lui stesso cerca di girare pagina e indica le figure con il dito: è il momento di prediligere «libri non ingombranti». Oltre a giocare, ripetendo vocalizzazioni e lallazioni, «è utile che i genitori traducano in parole le sue intenzioni: così facilitano la comprensione di nuovi vocaboli, indicando e dando un nome alle immagini», aggiunge Cristiani.

A dodici mesi il bambino è in grado di afferrare le protostorie, con un inizio e un epilogo: quelle più adatte contengono disegni semplici, con gli oggetti che riguardano la quotidianità, animali familiari, attività e giochi. Ed è bene lasciare ai più piccoli il controllo del libro «per una ampia esplorazione», intervenendo, al più, per mettere in relazione la storia con le sue esperienze personale (chiedendogli, ad esempio: «Dov’è? Cos’è?» e dandogli il tempo di rispondere).

Tra i 15 e i 18 mesi, il bimbo gira le pagine, usando due dita, e completa le frasi con grande soddisfazione: gli piacciono, quindi, i libri con pensieri brevi e facili, che può imparare ad anticipare. Questi contenuti possono, piano piano, arricchirsi: dai due anni il piccolo gioca e trascina i volumi in giro per la casa, inventando nuove storie. Il bimbo ama, infatti, identificarsi con eroi che superano prove e i racconti buffi. A passeggio un buon metodo d’insegnamento consiste nel leggergli le scritte, i cartelli e i segnali. Ma a tre anni lui stesso è in grado di leggere da solo un testo che gli è stato presentato tante volte. In particolare, gli piacciono le storie sui momenti simili alla sua vita quotidiana (come andare a scuola o dal dottore), racconti di amicizia, incentrati su fratelli o sorelle, ma anche libri fantastici e avventurosi. Dai tre anni le domande possono permettere al bambino una risposta più complessa come quelle ai quesiti: «Cosa sta succedendo? Tu cosa avresti fatto?».

Il risultato: a cinque anni il vocabolario e la capacità di comprensione del testo dipendono già fortemente dalla lettura. Difatti, punteggi più alti, nelle verifiche, sono ottenuti dal 53 per cento dei bimbi ormai abituati ad ascoltare storie quattro volte a settimana. «L’attivazione di diverse aree cerebrali è direttamente proporzionale a frequenza e qualità della lettura a casa proprio nei primi anni di vita», puntualizza Mazzarella. Bambini coinvolti ogni giorno a cinque anni sanno leggere come quelli di un anno più grandi. E questo vantaggio «da manuale» può colmare il divario, nelle competenze scolastiche, dovuto a un contesto sociale di partenza povero e rischioso. Differenze significative tra bambini e ragazzi più o meno stimolati si riscontrano anche nel quoziente intellettivo e i risultati cognitivi sono ancora evidenti fino alla maggiore età.

Naturalmente, anche il gioco e la musica aiutano a sviluppare migliori competenze e a ridurre problemi di comportamento e sociali. Effetti positivi, dunque, si hanno sul linguaggio, lo sviluppo cognitivo e pure emotivo. Per questi motivi, in Umbria, in Lombardia e in altre regioni tutti i pediatri di famiglia sono già coinvolti in un percorso di formazione a sostegno delle famiglie. Ancora più avanti la Gran Bretagna, dove il «Bookstart» è pratica diffusa e una ricerca sul «ritorno sociale» degli investimenti in libri per bambini, realizzata già tra il 2009 e il 2010, indica che per ogni sterlina investita dallo Stato nel programma restituisce alla società l’equivalente di 25 sterline. Insomma, la ricchezza di un paese è nel capitale umano.

---
Per approfondire:
http://www.natiperleggere.it

Istituito con il Comune di Napoli, «Nati per Leggere» al Pan  prevede gli appuntamenti del mercoledì (dalle 10.30 alle 13, per i bimbi fino a tre anni e i loro familiari; dalle 16.30 alle 18.30, dai 3 ai 6 anni), e il sabato (il prossimo, dalle 10.30 alle 12.30). L’8 ottobre, alle 16.30, si festeggia il «quarto compleanno della casa delle storie», aperta sempre nuove famiglie, con i volontari impegnati nelle attività anche in altre zone dotate di punti lettura. È in calendario, invece, a dicembre 2016, nell’Asl Napoli 3 Sud, l’avvio della formazione degli operatori, un’occasione per spiegare che c’è correlazione tra stato socio-economico e spessore della corteccia cerebrale. «Ma questa correlazione», insiste Mazzarella, «è mediata dalla qualità delle cure prestate dai genitori». 
© RIPRODUZIONE RISERVATA