La Calabria chiama Cuba: 500 medici per gli ospedali

La Calabria chiama Cuba: 500 medici per gli ospedali
di Nando Santonastaso
Giovedì 18 Agosto 2022, 08:41 - Ultimo agg. 21:11
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Fino a ieri eravamo rimasti alla piazza intitolata un anno fa dal Comune di Crema, in Lombardia, alla brigata di 52 tra medici e infermieri cubani che per oltre due mesi avevano dato una grossa mano alla sanità locale per gestire l'epidemia di Covid. Ma la notizia arrivata ieri pomeriggio dal governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, supera perfino ogni immaginazione: perché i medici cubani ci sono sempre ma sono diventati ben 497 e tutti saranno assunti, sia pure temporaneamente, nelle strutture sanitarie calabresi. Occuperanno i posti per i quali mancano i loro colleghi italiani, visto che non rispondono ai bandi di reclutamento delle Asl della regione, mettendo ulteriormente nei guai la già precaria sanità calabrese, commissariata da 12 anni, con oltre un miliardo di euro da pagare ai fornitori e ancora lontana da accettabili standard di efficienza e affidabilità, anche strutturale. Il piccolo esercito di specialisti e infermieri in arrivo da L'Avana si sottoporrà a corsi intensivi di lingua (quella ufficiale cubana è lo spagnolo) e sarà affiancato dai medici locali per essere operativi nel più breve tempo possibile.

Di fronte alla pesante situazione occupazionale della regione, una delle ultime in Europa in questa classifica, il paradosso sembra evidente. Lo riconosce lo stesso Occhiuto, presidente espresso da Forza Italia, che ha firmato ieri presso l'ambasciata del Paese caraibico l'ultimo atto. Un accordo cioè di cooperazione con la Comercializadora de Servicios Medicos Cubanos (CSMC), la società dei medici cubani, per la fornitura appunto di servizi medici e sanitari. La segretezza ha una spiegazione, anch'essa ufficiale: «Abbiamo deciso in questi mesi di mantenere riservata questa delicata trattativa anche perché, nel frattempo, altre istituzioni pubbliche e private stavano esplorando con insistenza la stessa strada», spiega il governatore. Sembra infatti che anche altre Regioni, non solo meridionali, si siano messe a caccia dei medici e degli infermieri cubani, tutti preceduti da buone referenze a quanti pare, per colmare improvvise lacune di personale.

Il problema, insomma, non è solo calabrese anche se la quantità dei sanitari che da settembre inizieranno ad affluire da Cuba fa decisamente notizia. Si fa fatica sempre di più a trovare medici e infermieri in Italia per una serie di ragioni che vanno dall'utilizzo dello scivolo di «quota 100» per accedere alla pensione alle complicazioni burocratiche emerse per la stabilizzazione del personale straordinario utilizzato con contratti a termine nei due anni di pandemia.

Ma cè anche quello che lo stesso Occhiuto definisce «l'effetto perverso del numero chiuso imposto alle Facoltà di Medicina.

Il reclutamento è diventato un terno al lotto, difficilmente prevedibile e governabile». Nel caso della Calabra, poi, non sono nemmeno bastate le massicce risorse pubbliche messe a disposizione da Stato e Regione per rinforzare gli organici di servizi e ospedali: «Il nostro sistema sanitario, in questo momento, ha risorse in abbondanza per assumere - negli ultimi mesi le abbiamo provate tutte. Abbiamo fatto bandi per posti a tempo indeterminato, manifestazioni di interesse, e sono andati deserti» insiste il governatore. E aggiunge: «Stiamo lavorando ad un pacchetto di incentivi, economici e di carriera, per rendere maggiormente attrattivi i nostri concorsi». Ma evidentemente anche questa strada è lunga e complicata mentre più immediato resta il rischio di chiudere reparti o interi ospedali sempre più in difficoltà (proprio ieri l'informazione locale ha dato notizia del primario di Pronto soccorso dell'ospedale di Trebisacce colpito da infarto dopo avere garantito due turni notturni consecutivi di lavoro).

Via libera dunque ai sanitari cubani, in attesa - spiega Occhiuto - che «vengano espletati con esiti positivi tutti i concorsi» banditi dalle Asl ma finora rimasti al palo. La sensazione è che, visti i precedenti, ci resteranno a lungo in Calabria dove, sono sempre parole del governatore, saranno «un'opportunità in più per la regione, un modo concreto per dare risposte immediate ai bisogni dei cittadini, per erogare in modo adeguato i servizi, per garantire su tutto il territorio regionale presìdi sanitari operativi e ospedali funzionanti». Ad oggi tutto ciò sembra un miraggio considerato il numero sogni anno sempre assai elevato dei viaggi della speranza che portano ammalati calabresi negli ospedali del Nord per curare patologie gravi (ma non solo). E che anche laccordo del 2019 con la Regione Vento per aiutare la chirurgia calabrese quei viaggi non li ha interrotti.

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