Evade per evitare la moglie ma la Cassazione lo assolve

Evade per evitare la moglie ma la Cassazione lo assolve
Evade per evitare la moglie ma la Cassazione lo assolve
Sabato 2 Gennaio 2021, 06:35 - Ultimo agg. 16:33
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Dopo un breve periodo trascorso agli arresti domiciliari a Crotone insieme alla consorte, aveva indossato la giacca, era uscito dalla porta infrangendo la legge ed era andato spedito nella caserma dei Carabinieri più vicina alla sua abitazione. «Preferisco andare in carcere piuttosto che stare a casa con mia moglie», aveva detto il detenuto, dopo l'ennesimo litigio. Così, oltre alla pena da scontare, si era aggiudicato una seconda condanna: quella per evasione. Ma la Cassazione adesso ha ribaltato la sentenza, annullandola per assenza di reato. O meglio: ha giudicato l'uomo non punibile per tenuità del fatto. La sentenza con la quale il Tribunale di Crotone, prima, e la corte d'appello di Catanzaro, poi, avevano disposto 2 mesi e 20 giorni di reclusione aggiuntiva per il marito insofferente, accusato di evasione, pochi giorni fa è stata annullata senza rinvio. Significa che non verrà celebrato un nuovo processo di appello e che l'uomo è stato prosciolto dalle contestazioni.

Nessuna deviazione

Per la Cassazione, infatti, l'imputato non è punibile per la lieve entità del fatto e anche perché non avrebbe fatto deviazioni lungo il percorso: sarebbe uscito di casa e sarebbe andato direttamente in caserma, chiedendo di venire portato in carcere perché non voleva più abitare con la moglie, con la quale litigava costantemente.

Una situazione diventata insostenibile e che aveva reso i domiciliari la peggiore delle condanne. Tanto da spingere l'uomo, letteralmente, a fuggire e a chiedere asilo in caserma, supplicando gli inquirenti di aggravare la custodia cautelare a suo carico. Una richiesta che era stata accolta e che non gli costerà una condanna aggiuntiva.

Il ricorso

La decisione dei giudici, però, è un'eccezione legata al caso specifico e alla particolare tenuità del fatto, visto che l'evasione in questione è durata pochi minuti, giusto il tempo di raggiungere la caserma. Se l'uscita da casa si fosse protratta, per l'uomo sarebbe scattata la condanna, anche se si fosse giustificato dicendo di voler essere ristretto in carcere e se si fosse presentato spontaneamente dai Carabinieri. Gli Ermellini, infatti, sottolineano che perché si verifichi il reato di evasione, basta un «volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare».
I precedenti sono parecchi e quasi sempre per gli arrestati è stata disposta una pena da scontare.

I precedenti

Il fatto di essersi presentati spontaneamente dalle forze dell'ordine non vale come esimente, anzi. Nemmeno se l'imputato chiede di poter rientrare in carcere, giustificandosi con l'insostenibilità della convivenza con i familiari: nella maggior parte dei casi i supremi giudici hanno disposto la conferma della condanna, visto che «il dolo del reato di evasione per abbandono del luogo degli arresti domiciliari è generico, essendo necessaria e sufficiente - in assenza di autorizzazione - la volontà di allontanamento nella consapevolezza del provvedimento restrittivo a proprio carico, non rivestendo alcuna importanza lo scopo che l'agente si propone con la sua azione», si legge nella sentenza. In questo caso, però, il marito non avrebbe commesso un reato, considerando le modalità con le quali si è svolta l'evasione.

La fuga

 

L'uomo, esasperato, avrebbe l'asciato la casa solamente con lo scopo di sottoporsi al controllo delle forze dell'ordine il più presto possibile. Secondo la suprema Corte, il Tribunale di Crotone e i giudici della Corte d'appello di Catanzaro, disponendo la condanna, non avrebbero tenuto conto di un dettaglio: la scarsa intensità del dolo e dell'offesa arrecata dalla condotta del marito esasperato. Il detenuto aveva fatto ricorso contro la sentenza. Due i motivi sottolineati nell'atto della difesa: nel violare i divieti, la volontà era quella di andare in prigione e non quella di sottrarsi al controllo dell'autorità; la tenuità del fatto. È stato riconosciuto come valido solo il secondo motivo.

 

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