«Villaggio del clan vicino a Tropea imposto
come location della fiction Rai: sequestrato»

Un momento della conferenza stampa tenutasi stamani a Reggio Calabria
Un momento della conferenza stampa tenutasi stamani a Reggio Calabria
di Serafina Morelli
Venerdì 18 Novembre 2016, 17:17 - Ultimo agg. 19 Novembre, 12:15
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Sigilli al villaggio in riva al mare «Blue Paradise» di Parghelia, in provincia di Vibo Valentia, che era stato scelto come location per le riprese della fiction Rai «Gente di mare». La struttura alberghiera sequestrata oggi dalla Polizia di Reggio Calabria, insieme ad altri beni, per un totale di 50 milioni di euro, sono di proprietà dell’imprenditore Nicola Comerci, indicato come «delfino» della potente cosca di ’ndrangheta Piromalli di Gioia Tauro.
 


Il lussuoso resort era stato preferito rispetto a un altro complesso alberghiero, appartenente a un imprenditore concorrente, che tra l’altro aveva presentato un’offerta economica più vantaggiosa. La produzione della fiction avrebbe voluto accordarsi con chi aveva proposto un prezzo più competitivo, ma alla fine i responsabili Rai furono «costretti» a rivolgersi a Comerci per scongiurare, scrivono gli inquirenti, «la possibilità che potesse scatenarsi una faida nel territorio». 

L’episodio mette in evidenza la forza intimidatoria del proprietario del “Blue Paradise” che, sempre secondo le accuse, non esita a mandare qualcuno dal concorrente per fargli comprendere che la struttura ricettiva che beneficerà della produzione Rai sarà la sua. A «tutela» interviene anche la cosca Mancuso di Limbadi che, «per evitare ulteriori problemi», riesce a far abbassare le pretese di Comerci riguardo al prezzo della sua offerta. E il “consiglio” dato al concorrente sortisce il suo effetto, visto che l’altro imprenditore, poco dopo, si pente di aver accordato un prezzo migliore.

Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Gaetano Paci ha parlato della vicenda della fiction “Gente di mare”, spiegando che «come accade anche in Sicilia per casting che scatenavano appetiti di diverse famiglie mafiose sul territorio ciò accade anche in Calabria».

Il delfino delle famiglie di ’ndrangheta, inizia la sua scalata negli anni  Settanta: da geometra pressoché sconosciuto, originario di Nicotera, diventa via via intestatario dei vari appezzamenti di terreno che facevano parte del patrimonio del barone Livio Musco (ucciso nella sua casa in pieno centro a Gioia Tauro il 23 marzo 2013). Un volto «pulito» che inizia ad avviare una serie di attività economiche. Costruisce man mano un impero economico, soprattutto nel campo delle strutture ricettive, ristorazione e villaggi turistici, grazie all’appoggio fornito dai Piromali e ai legami con i Mancuso. E, come affermeranno alcuni collaboratori di giustizia, Comerci si avvale anche delle cosche De Stefano di Reggio Calabria e Tripodi di Vibo Valentia. Un patrimonio che nel frattempo si estende anche a Roma e in Emilia Romagna, dove il Tribunale di Reggio Calabria - sezione misure di prevenzione – ha disposto stamani il sequestro di società, beni mobili e immobili.

L’imprenditore era stato già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di 4 anni e, contestualmente di confisca dei beni, nel 2002.
La misura fu revocata nel 2005 disponendo la restituzione dei beni. Le indagini, coordinate dalla Procura distrettuale antimafia, avrebbero ora fornito ulteriori elementi dimostrando che «l’uomo era contiguo alle cosche e che la conduzione delle sue attività improntata sull’illecito, nonostante – ha spiegato il procuratore di Reggio, Federico Cafiero De Raho -, non ci sia un’indagine penale da cui emerga il profilo criminale di Comerci».

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