Incendi in Calabria, due morti
sulle pendici dell'Aspromonte

Incendi in Calabria, 2 morti sull'Aspromonte. Inferno dal Mediterraneo all'Amazzonia: cosa sta accadendo
Incendi in Calabria, 2 morti sull'Aspromonte. Inferno dal Mediterraneo all'Amazzonia: cosa sta accadendo
di Mauro Evangelisti
Venerdì 6 Agosto 2021, 15:29 - Ultimo agg. 7 Agosto, 18:22
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Incendi, l'ultima tragedia è in Calabria: due persone sono morte in un incendio a San Lorenzo, sulle pendici dell'Aspromonte in provincia di Reggio Calabria. Le fiamme  sono partite in un bosco e hanno investito una stalla, dove si trovava un uomo, e un'abitazione vicina dove c'era una donna. Purtroppo questa è l'estate dei roghi. Sardegna, Abruzzo, Sicilia: gli incendi stanno distruggendo centinaia di ettari di vegetazione e, in alcuni casi, minacciando le abitazioni. Ma l'emergenza riguarda buona parte del pianeta: la Grecia è sotto attacco e non riesce a fermare i roghi, analoga situazione in Turchia; dalla Australia, nelle settimane scorse, sono arrivate immagini apocalittiche. Cosa sta succedendo?

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Incendi in tutto il mondo

Secondo Greenpeace «dalla Turchia al Brasile, dalla Russia agli Stati Uniti, stiamo assistendo a incendi che consumano le nostre foreste, uccidono la fauna selvatica e minacciano la capacità dei nostri boschi di intrappolare e immagazzinare carbonio, una difesa contro la crisi climatica. La stagione degli incendi di quest'anno è significativamente più distruttiva della media precedente e da qui in poi non farà che peggiorare».

Ancora: «Con più incendi aumentano le emissioni, alimentando cambiamenti climatici più rapidi e peggiorando la qualità dell'aria in un momento in cui la pandemia di Covid-19 minaccia già la salute respiratoria. Ci sono prove crescenti che la qualità dell'aria è un fattore che contribuisce alla pandemia». 

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Alcuni esempi, sulla base dell'analisi di Greenpeace: in Grecia è stata rilevata la temperatura più alta mai registrata lunedì (46,1°C) in quella che è la peggiore ondata di caldo degli ultimi 30 anni; in totale 100 incendi in due giorni. In Amazzonia «alcune settimane fa, nuove foto aeree di Greenpeace Brasile hanno rivelato incendi illegali. L'Agenzia spaziale brasiliana (INPE) ha registrato 4.977 focolai di fuoco a luglio. Questi fuochi stanno bruciando dopo un divieto contro l'uso del fuoco per sgombrare la terra. Il governo di Bolsonaro è una minaccia per la foresta, i popoli indigeni e il clima globale. Per vincere la lotta contro la crisi climatica, non possiamo permettere che la distruzione dell'Amazzonia continui». 

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Parlando dei roghi che stanno attaccando alcune aree della Sardegna, della Sicilia ma anche dell'Abruzzo, l'altro giorno alla Camera, il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha spiegato che la parte più consistente della responsabilità dei roghi appartiene all'uomo: «Abbiamo verificato un aumento percentuale piuttosto rilevante rispetto anche agli anni precedenti, qualcosa è peggiorato. Abbiamo il 57,4% di incendi che sono dolosi, in cui si vedono i punti di innesco. Poi abbiamo un 13,7 che è non intenzionale. Quindi oltre il 70 è responsabilità nostra. Meno del 2 è di origine naturale, il 4,4 è considerato indeterminato e abbiamo il 22,5 che è non classificabile. Gli incendi sono dovuti all’azione congiunta del cambiamento climatico e di azioni che dipendono dagli essere umani. Il cambiamento climatico incide con una percentuale bassa su questi incendi: causa una diminuzione dell’umidità media del terreno, a questo si sommano correnti, venti ad alta temperatura piuttosto secchi».

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Secondo Mehdi Leman, di Greenpeace, che fa però una analisi su scala planetaria, «mentre le foreste bruciano, false soluzioni come "compensazione del carbonio" e "zero netto" diventano una  distrazione mortale dal reale e rapido taglio delle emissioni nocive per il clima che l'umanità deve avere per sopravvivere. Con così tanti incendi all'orizzonte, l'unica opzione è aumentare la protezione e il recupero delle foreste come mai prima d'ora e staccare la spina dai combustibili fossili intensificando l'azione per il clima come se le nostre vite dipendessero da questo».

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