Killer della 'Ndrangheta rivela: «Un boss del clan Serraino voleva uccidere suo figlio perché gay»

Killer della 'Ndrangheta rivela: «Un boss del clan Serraino voleva uccidere suo figlio perché gay»
Martedì 31 Ottobre 2017, 12:16 - Ultimo agg. 20:17
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La sconcertante vicenda è stata rivelata da Antonino Cuzzola, killer della ‘Ndrangheta, che apprese della vicenda direttamente dal Latella per il quale «realizzavo omicidi su commissione». A pochi giorni dall’intitolazione, a Gioia Tauro, della prima via dedicata a un martire del pregiudizio delle mafie, il commerciante Ferdinando Caristena, un killer della 'Ndrangheta rivela un altro episodio di omofobia completamente sconosciuto alle cronache giudiziarie e ignorato dall’antimafia.

«Un appartenente a una delle famiglie più importanti di Reggio Calabria voleva far uccidere suo figlio perché si diceva che fosse gay e molestasse i ragazzini nel suo bar». Il sicario della mafia calabrese, che per sua stessa ammissione «commesse oltre 15 omicidi per conto di numerose famiglie», intervistato dal massmediologo Klaus Davi nell'ambito di un documentario curato in collaborazione con Alberto Micelotta e prodotto dal network reggino RTV, non fa una piega nel narrare la vicenda davanti alle telecamere.



«Andò cosi: il padre in questione (Cuzzola fa il nome dell’interessato bippato nel servizio, ndr) si rivolse al boss Pasquale Latella per il quale lavoravo (era una delle famiglie, come appurato da numerosi processi, per cui il Cuzzola eseguiva omicidi su commissione, ndr) e che mi raccontò l’episodio. Questo perché numerosi ragazzi venivano molestati e quindi andavano dai rispettivi padri per lamentarsi. Il Latella, quando incontrò il compare, gli segnalò le lamentele delle famiglie. Il boss in questione disse che lo sapeva e chiese allo stesso Latella di uccidere suo figlio perché “non ne poteva più e io non ho il coraggio”. Latella però si rifiutò, “sono cose vostre di famiglia”, e neanche mi chiese di farlo a mia volta. Ma il ragazzo era nel mirino anche di altre famiglie: si diceva infatti che andasse troppo in giro a raccogliere e diffondere notizie. Per questo anche altri clan volevano farlo fuori. Pensavano che facesse la spia. Ma poi, fu graziato».

«Il tema mafie e omofobie è uno dei meno approfonditi in assoluto sia dall’autorità giudiziaria che dall’antimafia sociale. E il motivo è semplice: le persone gay venivano fatte sparire cancellando ogni traccia della vita privata, così veniva risolto il problema alla radice», ha dichiarato Klaus Davi.
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