Alberi cadenti a Caserta:
«Sono potenziali killer»

Alberi cadenti a Caserta: «Sono potenziali killer»
di Lidia Luberto
Mercoledì 12 Dicembre 2018, 15:00 - Ultimo agg. 16:32
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Sono parte integrante del paesaggio urbano: sempreverdi, altissimi, maestosi, i pini che rendono più belle molte strade della città. Presenze a cui i cittadini sono abituati e che, molto spesso, neppure notano più. Ma basta spostare lo sguardo verso il basso, perché questi giganti della natura diventino inquietanti. Guardare e soffermarsi per credere: lungo via Unità d'Italia, a ridosso del monumento ai Caduti e, a seguire, viale dei Bersaglieri proprio fuori dell'area Macrico, di fronte allo stadio Pinto.

E ancora nei pressi del parco degli Aranci, le piante di pino, simbolo della macchia mediterranea, mostrano tutta la loro precaria condizione. Alla base del fusto, infatti, il manto stradale è divelto in più punti e le radici sono fuoriuscite, facendo saltare anche parte della pavimentazione circostante. Dopo i numerosi eventi metereologici, straordinari ma ormai neppure tanto, quelle presenze possono, dunque, costituire un serio pericolo purtroppo sempre più concreto. E a Caserta, qualcosa del genere è già accaduto.
 
Si ricorderà, infatti, qualche mese fa lo schianto di un albero in via G. M. Bosco che colpi di striscino un passante e che solo casualmente non provocò altri problemi. Peraltro di quell'evento c'è ancora traccia: la parte inferiore dell'albero sradicato, infatti, non è stata rimossa ma solo isolata e transennata. «L'apparato radicale dei pini, costretto sotto il manto stradale, non trovando ossigeno, sale in superficie. Questo spiega Antonino Testa, ricercatore di Patologia vegetale all'Università Federico II di Napoli è un sintomo allarmante: significa che la pianta è poco stabile in quanto le radici che fuoriescono, che alzano l'asfalto e che dovrebbero invece ancorare l'albero al terreno, non sono poi così forti e grosse come dovrebbero essere e come sono quelle che vanno, invece, verso il suolo profondo». Si tratta, dunque, di alberi che dovrebbero essere quantomeno sorvegliati speciali. «Sono piante che andrebbero continuamente osservate, monitorate e all'occorrenza e, nei casi estremi, anche rimosse. Di fatto è difficilissimo intervenire sull'apparato radicale perché qualsiasi intervento su di esso potrebbe peggiorare le cose mettendo ulteriormente a repentaglio la stabilità dell'albero: anche cercare di sistemare la pavimentazione per coprire meglio le radici non è un sistema praticabile. Dunque, la cosa più sensata - secondo lo studioso - è quella di prestare stretta attenzione e di curare in modo continuativo le piante. Anche la chioma andrebbe periodicamente sfrondata per evitare l'effetto vela. Ma per mettere in atto questi interventi c'è bisogno di esperienza e professionalità e dunque andrebbero affidati a personale esperto e non occasionale. Professionisti in grado anche di effettuare la valutazione dei rischi».

Una situazione che, sebbene non sia di emergenza, le somiglia molto. «Mi rendo conto che, il più delle volte, si interviene quando accade qualcosa di grave e mi rendo conto - e il parere di Antonino Testa - che le amministrazioni pubbliche non sono abituate a trattare questioni di questo tipo, ma ormai i cambiamenti del clima e anche, come in questo caso, la vetustà delle piante, consiglierebbero un'operazione di prevenzione». Dunque, che fare? «Individuare una società o ditta di specialisti che tengano sotto controllo costantemente gli alberi e che, all'occorrenza, siano in grado di intervenire tempestivamente. E soprattutto - aggiunge il professore - che l'incarico sia tenuto in maniera continuativa».
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