L'anfiteatro di Spartacus
ostaggio del caos movida

L'anfiteatro di Spartacus ostaggio del caos movida
di Antonio Menna
Lunedì 15 Giugno 2020, 07:49
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Come formiche sulle spalle di un elefante, a un certo punto qualche sera fa quattro ragazzi ubriachi hanno afferrato le loro bottiglie di vodka e sambuca e hanno osato l'impossibile. Entrati da un cancello laterale, si sono poi arrampicati sulle mura alte venti metri del più importante e antico anfiteatro romano, portando ufficialmente il loro sballo nella storia, ballando e bevendo sulla cinta di uno dei monumenti più importanti di epoca romana. Sono stati tirati giù dai vigili del fuoco. Erano tre maschi e una femmina, uno solo aveva più di 20 anni. Così ubriachi da non riuscire a scendere neppure a braccia. Uno addirittura incosciente, in pieno coma etilico. Chissà come avrebbe commentato Spartacus, lo schiavo rivoltoso che tra queste mura, nella gloriosa scuola dei gladiatori, fortificava il corpo per non morire. Ma vedere tutti questi ragazzi consumare ogni energia per annientarsi, togliere vita per farsi prossimi alla morte, fa davvero impressione. Le scene sono sempre le stesse ma qui colpisce lo sfregio all'antico, al patrimonio culturale, all'imponenza della storia, l'incrocio di significati tra ieri e oggi, gli schiavi che si allenavano e combattevano per non morire e i ragazzi che bevono e si distruggono per non vivere.

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VESTIGIA E DEGRADO
L'anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere, il modello su cui è stato costruito il Colosseo, è diventato l'epicentro dello sballo della provincia di Caserta. Vietato chiamarla movida: lo fanno solo gli anziani. Loro, i ragazzi, spesso minorenni, quasi mai oltre i 25 anni, usano altri termini: farsi, soprattutto. Farsi di qualcosa, uscire di testa. Non di casa, proprio di cervello. Così con auto stressate da musica ad altissimo volume, con lo smartphone sempre puntato, pronto e connesso per riprendere le scene più estreme e pubblicarle sui social, con in mano le bottiglie a volte portate da casa, ora che sui bar che circondano la zona pesa la paura di regole stringenti, arrivano in piazza Adriano da ogni parte della provincia di Caserta. Fanno chilometri per radunarsi qui. E in questo enorme slargo, dentro molte zone d'ombra, nelle vie laterali, un po' intorno ai locali, un po' anche facendo propri capannelli, arrivano all'alba schiamazzando, urlando, bevendo, ballando.

L'APOTEOSI NEL WEEK END
Scene di tutte le sere ma nel week end di più. Si comincia alle ventidue, si finisce alle quattro. Un rave permanente, improvvisato, che ovviamente toglie il sonno a migliaia di residenti, che non sanno più a che santo votarsi. Petizioni, blocchi, cortei: nulla è riuscito a bloccare questo sabba informale fatto di alcol e rumori e tappeti di bottiglie e fontane di urina e i resti, all'alba, ad ogni alba, di un degrado che stringe il cuore, e il naso. «Ormai la nostra normalità dice Silvia Leonetti, una signora che abita col marito a ridosso della piazza è convivere col baccano e col pericolo. Ci ritroviamo questi ragazzi fin dentro il cancello di casa. Per rientrare dobbiamo chiedere loro di spostarsi, con tutti i rischi di avere a che fare con gente spesso ubriaca. A volte chiediamo gentilmente di non strillare, di abbassare il volume ma non sempre la spuntiamo. E la mattina dopo dobbiamo pulire anche i portoni di casa di quello che lasciano: bottiglie e anche urina. Uno schifo». Per rispondere alle tante proteste, il sindaco, Antonio Mirra, ha emesso una ordinanza: divieto di transito in via Diana Tifatina, strada di accesso della zona, nei week end dalle 20 alle 7. Ma a mezzanotte i vigili vanno via e il divieto è sistematicamente violato. Due telecamere campeggiano all'ingresso ma nessuna multa automatica a chi viola la disposizione. Ovviamente i ragazzi lo sanno e quel provvedimento li lascia indifferenti. «Abbiamo riposato soltanto durante il lockdown dice un pensionato della zona -. Un silenzio assoluto. Da un mese siamo tornati a prima, con o senza divieti». «Io mi faccio una domanda quando osservo questi ragazzi dice Massimo Capaccioli, astronomo toscano che vive da 10 anni nella zona -: che alternativa c'è a tutto questo? Qui non c'è nulla: un teatro, una rassegna, un cartellone di eventi. Niente. L'unico modo per occupare il tempo è questo. Gli schiamazzi, l'autodistruzione, la deriva alcolica vanno combattuti anche con misure repressive, ovviamente. Qualche telecamera attiva, qualche controllo e qualche luce in più. Ma se non si va alla fonte non si risolve il problema. Il tema è che questi territori vanno ripensati. Va ricostruita la qualità della vita, soprattutto per i giovani. Offriamo ai ragazzi delle alternative e vedremo che anche questa corsa a riempire i vuoti con lo sballo rallenta. Il bello chiama il bello. Il degrado produce solo altro degrado».
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